Corriere della Sera 15/02/15
Fabrizio Dragosei
Era chiaro fin da ieri che il cessate
il fuoco entrato in vigore ufficialmente a mezzanotte sarebbe stato
come minimo assai parziale. Giunti a un passo dalla cattura
dell’importante nodo ferroviario di Debaltsevo, dove erano
intrappolati in una sacca migliaia di soldati regolari, i ribelli
erano decisi a non mollare la presa.
«Di Debaltsevo non si
parla nell’accordo di Minsk», aveva detto sprezzante il capo dei
separatisti di Donetsk Aleksandr Zakharchenko, il più ascoltato dei
capi indipendentisti. Che ha bollato l’intesa raggiunta come
«troppo vaga» durante una conferenza stampa tenuta a Donetsk, non
lontano da dove un ordigno ha fatto due vittime. I separatisti
vogliono circondare completamente i governativi a Debaltsevo per poi
prenderli per fame dopo il cessate il fuoco. E così mentre sono
continuati gli scambi di accuse tra Mosca e l’Occidente, sul
terreno gli scontri si sono fatti ancora più feroci. Debaltsevo era
ieri sera sotto intenso bombardamento, con cannoni, lanciarazzi
multipli, sistemi di tiro e di controllo molto sofisticati.
Ufficialmente i ribelli dovrebbero disporre solo delle armi che in
questi mesi sono riusciti a strappare ai governativi e a prendere nei
depositi catturati. Ma è evidente che usano mezzi che non sono mai
stati nella disponibilità dell’esercito ucraino e hanno una
quantità di munizioni praticamente infinita. A Mariupol, la
cittadina sotto attacco sul Mar d’Azov, i governativi hanno
registrato 14 voli di droni nemici.
Così ieri l’ambasciatore
americano a Kiev, Geoffrey Pyatt, ha reso note, tramite il suo conto
Twitter, le foto satellitari di postazioni che stanno bombardando la
città contesa: «Siamo sicuri che si tratti di mezzi russi». Come
al solito, Mosca ha smentito sdegnata, affermando che quelle postate
sono immagini di macchie scure senza significato. La Russia ha
accusato il governo ucraino e i suoi alleati occidentali di
«stravolgere il contenuto degli accordi di Minsk». E ha presentato
una risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu per chiedere
l’applicazione di tutte le clausole concordate.
Ma a
Washington e in Europa si sostiene che sia Mosca a non voler dare
applicazione all’accordo. Intanto perché ha ripreso a inviare
armamenti ai ribelli; e poi perché i capi separatisti, evidentemente
influenzabili dal Cremlino, hanno già detto che alcuni punti, come
la restituzione a Kiev del controllo delle frontiere, non saranno
«mai» applicati. Putin ha chiamato Hollande e Merkel per confermare
il suo impegno al rispetto del cessate il fuoco. Il presidente
ucraino Petro Poroshenko, che si è sentito nuovamente al telefono
con i leader di Germania e Francia, ha minacciato di introdurre nel
Paese la legge marziale. E dal G7 è partito un nuovo monito diretto
a tutti i contendenti, ma soprattutto alla Russia: i Paesi più
industrializzati del mondo sono pronti a varare «misure appropriate»
contro chi non rispetterà l’accordo. E la Ue ha già approvato un
pacchetto di ulteriori sanzioni.
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