Corriere della Sera 15/02/15
Monica Guerzoni
Vi siete pentiti di aver votato la
riforma della Costituzione a maggioranza?
«Nessun pentimento,
rivendico la scelta».
Le risse, gli insulti, la «Carta» usata
come un’arma tra i partiti...
Non è stato un bello spettacolo,
vicesegretario Lorenzo Guerini.
«Le risse sono state un episodio,
ma vanno condannate. Così come vanno stigmatizzati i comportamenti
di chi voleva impedire un dibattito ordinato e rispettoso. Avremmo
preferito votare con tutti i gruppi in Aula, ma la nostra volontà di
procedere su un tema così importante non poteva venire meno. Negli
ultimi vent’anni c’è stato sempre qualcuno che ha fatto saltare
le riforme esercitando un potere di veto».
La prova di forza
era proprio necessaria?
«Constatata l’impossibilità di andare
avanti per le migliaia di emendamenti ostruzionistici, la seduta
fiume si è imposta. Su quella scelta si era trovata l’intesa con
tutti i gruppi, ma il M5S l’ha fatta saltare con un atteggiamento
inaccettabile. Hanno espresso un diritto di veto e le altre forze di
opposizione si sono accodate».
Risultato, scranni vuoti e
riforme approvate a maggioranza, come fu per il Titolo V e per il
Porcellum.
«Accetto il rilievo, ma bisogna rimettere le cose a
posto. Noi questa riforma l’abbiamo costruita in Parlamento con chi
ci voleva stare. Quel testo era stato votato anche da Forza Italia,
al Senato e poi in commissione alla Camera. Ed è stata Forza Italia
a cambiare idea, come reazione sbagliata al passaggio del
Quirinale».
E adesso Brunetta vi farà vedere i sorci
verdi...
«Sul piano dell’azione di governo Forza Italia è
all’opposizione e noi, rispetto alla minaccia dei sorci verdi, non
ci agitiamo, ci attrezzeremo con qualche gatto. Altro è il piano
delle riforme. Se qualcuno cambia idea e vuole sedersi al tavolo noi
siamo ancora disponibili e interessati, però decidano loro il da
farsi, visto che sono stati loro e non noi a lasciare la sedia
vuota».
Renzi farà una mossa o aspetterà che sia Berlusconi a
battere un colpo?
«Per confrontarsi bisogna essere in più di uno.
Noi metteremo in campo tutti gli sforzi per riannodare i fili di un
dialogo che, sulle riforme, è doveroso ricercare. Nelle prossime
settimane avremo modo di confrontarci in Parlamento, con tenacia, per
riprendere il confronto. Però sia chiaro, l’urgenza delle riforme
non può aspettare che si risolvano i problemi interni delle singole
forze. Non accetteremo veti da nessuno».
La visita notturna del
premier nell’Aula della Camera è stata controproducente?
«No, è
stata una scelta giusta. In un passaggio importante che riguarda il
Paese un leader politico che rappresenta anche il partito più forte
ha voluto testimoniare la sua vicinanza a un Parlamento che discuteva
a ritmi serrati».
I cinquestelle gli hanno dato del «bullo»,
paragonandolo a Giulio Cesare e minacciando le «idi di marzo».
«Ci
ha visto una provocazione solo chi ha voluto vederla. I cinquestelle
ci hanno abituato a uscite che eufemisticamente possiamo definire
sopra le righe, dagli alieni alle scie chimiche, fino all’accusa di
nazismo. Non ci facciamo condizionare da simili affermazioni e
cerchiamo di fare bene il nostro lavoro, anche dentro quella
istituzione parlamentare. Con i toni necessari e la consapevolezza di
ciò che ogni forza rappresenta».
Vi preoccupa l’atteggiamento
della minoranza del Pd dopo lo strappo di Stefano Fassina e Pippo
Civati?
«Bisogna distinguere le posizioni di alcuni singoli che
hanno ritenuto di non partecipare al voto, cosa che non condivido ma
che rispetto, da posizioni politiche più articolate e anche più
rappresentative. La scelta di uscire ha riguardato l’un per cento
del gruppo, una cosa limitata».
Francesco Boccia invita i
colleghi parlamentari a non votare la riforma se gli scranni delle
opposizioni resteranno vuoti.
«A Boccia ha già risposto
D’Attorre, dicendo che Boccia parlava per sé. Dopodiché in un
grande partito è normale che ci siano posizioni diverse e
articolate. Il Pd non mi preoccupa affatto».
Chiederete aiuto
ai «responsabili» di Forza Italia e Gal?
«Quando sarà il
momento, vedremo. I numeri ci sono, ma proveremo a costruire
condizioni più serene per approvare la riforma con tutti quelli che
ci vogliono stare».
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