lunedì 16 febbraio 2015

Renzi: noi pronti, ma sia priorità di tutti.


Corriere della Sera 16/02/15
Paolo Valentino
L’Italia sta lavorando ad un rafforzamento della mediazione Onu in Libia, facendo pressioni sul Palazzo di Vetro perché affianchi all’attuale inviato, il diplomatico spagnolo Bernardino Leon, un’altra personalità o addirittura un team in grado di rendere più incisiva la sua azione.

Mentre viene completato il rimpatrio del personale d’ambasciata da Tripoli il governo italiano lancia un’offensiva diplomatica, mirata a rimettere la crisi libica al centro dell’agenda europea e internazionale. «Da mesi — dice il premier Matteo Renzi — denunciamo sia a livello internazionale, sia nelle occasioni pubbliche la situazione in Libia, chiedendo che sia considerata una priorità per tutti, in Europa e non solo per l’Italia». Palazzo Chigi e Farnesina hanno appena dissimulato nei giorni scorsi la loro insoddisfazione per il lavoro di Leon, che in sei mesi non è riuscito a imbastire un embrione d’intesa politica tra le due principali fazioni in lotta nel Paese nordafricano, quella di Tripoli, dominata dai Fratelli Musulmani e appoggiata da Turchia e Qatar, e quella di Tobruk, più «laica» e forte del sostegno di Egitto ed Emirati. «La priorità — spiega Renzi — è sostenere e raddoppiare gli sforzi dell’Onu nell’iniziativa politica e diplomatica, su questo l’Italia è pronta a fare la sua parte».

Finora, ogni ipotesi di forza multinazionale su mandato delle Nazioni Unite è stata subordinata proprio all’avvio di vero dialogo fra le parti. E anche se l’offensiva dell’Isis e i suoi successi sul terreno pongono un’urgenza ulteriore e drammatica, il governo italiano non intende rovesciare questo nesso: «Calma e gesso — dice Renzi —, priorità non significa fretta, ma kairós , momento opportuno per costruire a livello diplomatico e in ambito Onu condizioni minime di vivibilità e praticabilità». Per esempio non bisogna mescolare, così il premier, l’immigrazione con il terrorismo e l’estremismo.

Renzi non ha un compito facile nel tentativo di concentrare l’attenzione sulla crisi libica di un Occidente se non distratto, sicuramente impegnato su troppi fronti contemporaneamente, dall’Ucraina al Medio Oriente. Nell’idea di Palazzo Chigi, bisognerebbe creare le condizioni politiche di un intervento multinazionale entro l’inizio della primavera. Una mano indiretta potrebbe darla l’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza della Ue, Federica Mogherini, attraverso la convocazione di un Consiglio dei ministri degli Esteri appositamente dedicato alla crisi libica, sul modello di quanto fu fatto il mese scorso dopo il bombardamento di Mariupol da parte delle truppe separatiste filorusse. In ogni caso, le parole del premier confermano che l’Italia è pronta a far parte e se del caso a guidare una forza multinazionale di pace, a condizione che sia autorizzata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ieri, fonti del ministero della Difesa hanno chiarito il senso delle dichiarazioni di Roberta Pinotti, il cui riferimento a 5 mila uomini riguardava il precedente afghano, ma non voleva costituire alcuna indicazione sulla portata di un eventuale impegno italiano in Libia.

Renzi comunque incassa la disponibilità delle opposizioni a un eventuale coinvolgimento militare del nostro Paese nella vicenda libica. Quella di Silvio Berlusconi, il quale ricorda come «Forza Italia in questi vent’anni, sia al governo che all’opposizione, non ha mai rinunciato ad assumersi le proprie responsabilità» e definisce la missione internazionale, «sebbene ultima risorsa, opzione da prendere in seria considerazione per ristabilire ordine e pace». E quella di Sel, per bocca del capogruppo alla Camera, Arturo Scotto, secondo cui «in una fase successiva al negoziato dell’Onu si può immaginare e sostenere una missione di peacekeeping e ricostruzione della statualità».

Tornando al tema del rafforzamento della mediazione delle Nazioni Unite, c’è da segnalare la disponibilità espressa da Romano Prodi. L’ex premier ha ricordato con una punta polemica l’episodio della scorsa estate, quando il governo libico (o meglio la fazione di Tripoli) lo indicò come mediatore gradito, ma non se ne fece nulla vista la nomina di Leon. Fu questo uno dei motivi del grande freddo che scese poi nei rapporti con Matteo Renzi, il quale non l’avrebbe appoggiato. «Non so perché sulla richiesta del governo libico non sia stato effettivamente coinvolto — ha detto Prodi —, ma io sono sempre stato a disposizione del mio Paese e della pace».




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