domenica 22 febbraio 2015

Governo Renzi un anno dopo. 
Il consenso torna a crescere.


Corriere della Sera 22/02/15
Sandro Panoncelli
Le democrazie contemporanee scontano il profondo mutamento avvenuto nel rapporto tra cittadini e politica: il venir meno di un collante ideologico, l’indebolimento delle appartenenze, la «secolarizzazione» rispetto alla politica, unitamente agli atteggiamenti di aperta ostilità nei confronti dei partiti, sempre più spesso considerati una casta distante dalla società, impediscono ai leader e alle istituzioni di poter contare su un sostegno granitico e stabile nel tempo, come invece avveniva in un passato non molto lontano. Le opinioni sono più fluide e volatili e il consenso va conquistato (e misurato) giorno per giorno. Ne deriva un interesse crescente per la popolarità dei governi e per la misurazione del loro stato di salute e del livello di sintonia con il Paese.

A un anno dal suo insediamento il governo Renzi è sostenuto dal consenso del 45,1% degli italiani e il premier dal 48,1%. Per valutare adeguatamente la misura dell’indice di popolarità è opportuno analizzare l’andamento delle opinioni nel corso dei 12 mesi e fare un confronto con i governi che l’hanno preceduto.

Iniziamo con il trend del governo Renzi: all’esordio l’esecutivo è stato accolto positivamente dal 62,6% degli italiani e il premier dal 65,3%. Le tante novità messe in campo, l’avvio di un ampio programma di riforme e il successo di alcuni provvedimenti adottati (in primis gli 80 euro) hanno determinato un gradimento crescente, culminato con il risultato delle elezioni europee: a fine maggio il consenso era pari a 64,4% per il governo e quello per il premier superava il 70%. Era un sostegno largo e trasversale: prevaleva tra quasi tutti i segmenti sociali ed era molto ampio anche tra gli elettori dei partiti dell’opposizione.

Questi valori si sono mantenuti stabili nel mese di giugno e successivamente hanno iniziato a diminuire, con una flessione più consistente da settembre in poi, in concomitanza con il peggioramento degli indicatori economici nazionali e la prospettiva di una chiusura d’anno caratterizzata dalla perdurante recessione che smentiva le previsioni di una blanda ripresa. E, non a caso, la flessione del consenso è risultata nettamente più marcata tra coloro che più di altri soffrono le conseguenze della crisi, i ceti meno garantiti (dai disoccupati ai lavoratori autonomi, ai piccoli imprenditori, la cui attività è rivolta a un sempre più asfittico mercato locale) e coloro che vivono situazioni di disagio economico. Costoro, dopo aver sperato nel miglioramento della situazione, hanno perso la speranza e sospeso la fiducia.

La legge di Stabilità varata dal governo, nonostante non abbia comportato un inasprimento fiscale e impopolari tagli dei servizi ai cittadini e prevedesse misure espansive per la nostra economia, non ha frenato il calo di consenso per l’esecutivo. Inoltre, in un clima di crescente inquietudine per il tema occupazionale, l’acceso dibattito sul Jobs act ha più acuito le preoccupazioni per la perdita di diritti di quanto non abbia alimentato speranze sul fronte dell’occupazione giovanile.

Ma la strategia adottata da Renzi per l’elezione del Presidente della Repubblica in gennaio ha fatto segnare un’inversione di tendenza e una ripresa di sostegno che in febbraio si sta consolidando grazie ai primi segnali di crescita economica.

E rispetto ai governi precedenti come si colloca l’esecutivo di Renzi dopo un anno di attività? I confronti sono piuttosto difficili perché i diversi governi che si sono succeduti hanno dovuto fare i conti con scenari politici differenti, coalizioni più o meno ampie e coese, opposizioni più o meno pugnaci, contesto economico e clima sociale diversi.

Il governo Prodi che aveva esordito nel 2006 con il 53,7% di apprezzamento, dopo un anno era sceso al 36,3%; il governo Berlusconi nel 2008 risultava gradito dal 63% e a un anno di distanza, pur facendo segnare una flessione, poteva contare sul sostegno di oltre un italiano su due (55,7%). Il governo Monti a fine 2011 è stato salutato da un elevato gradimento (60,9%) e 12 mesi dopo, tra alti e bassi, il consenso si attestava al 50,3%. Da ultimo il governo Letta, all’inizio sostenuto dal 60% di consensi, ha concluso il proprio mandato a meno di un anno dall’insediamento sostenuto dal 40% degli italiani.

Spesso si è soliti attribuire il feeling di un leader con il Paese alle capacità comunicative. In realtà i cittadini sono diventati molto più disincantati, pragmatici e impazienti; negli ultimi anni abbiamo assistito all’aumentata incidenza dei temi economici sui livelli di consenso. A questo proposito appare interessante confrontare l’andamento della fiducia nel governo attuale e nel premier Renzi con quello dell’indice di fiducia dei consumatori rilevato dall’Istat. Quest’ultimo, dopo essere sceso dal giugno al dicembre dello scorso anno (da 107 a 98,3), a gennaio ha fatto segnare un forte rialzo, attestandosi a 104. Si tratta di un andamento del tutto omogeneo tra i due indici. Come a dire che le appartenenze politiche contano sempre meno e la popolarità del governo va di pari passo con gli indicatori economici .

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