Corriere della Sera 28/02/15
Al. T.t
La riunione dei parlamentari convocata
ieri dal segretario Matteo Renzi al Nazareno segna la rottura della
tregua nel partito, cominciata con l’elezione del presidente della
Repubblica Sergio Mattarella. Perché non soltanto alcuni big della
minoranza — Pier Luigi Bersani, Gianni Cuperlo, Pippo Civati,
Stefano Fassina e Rosy Bindi — hanno deciso di disertare
polemicamente. Ma anche perché hanno scelto di commentare da
lontano, in toni molto duri, le modalità di convocazione e il
«mancato» dialogo all’interno del Pd. Un segnale subito colto dal
«Mattinale», ispirato dal «forzista» Renato Brunetta, che si
spinge fino a scrivere «Forza Bersani». Renzi, invece, ribadisce:
riforma costituzionale e Italicum non si toccano e si «deve correre»
su scuola (il ministro Stefania Giannini conferma che a gennaio
«saranno assunti 180 mila insegnanti») e Rai.
Quattro ore di
dibattito preceduti da una protesta rumorosa (con fumogeni) di una
trentina di studenti, e con numeri che divergono: 200 presenti,
secondo fonti di maggioranza, meno di 100 per la minoranza. Le
critiche dell’ex segretario democratico vengono rintuzzate dal
vicesegretario Lorenzo Guerini: «Il suo eccesso di polemica non è
utile». E dal ministro Maria Elena Boschi: «Non capisco il motivo
delle polemiche». Bersani ribadisce le critiche: «Rubricare tutto
in una logica di potere è un insulto». Quanto alla riunione,
«ognuno nella minoranza farà quel che vorrà. Io ho mandate quattro
idee. È ora di discutere sul serio, non per spot. Attenzione che
stiamo cambiando forma alla nostra democrazia e non sono cosucce da
poco». E a chi gli domanda se davvero Renzi si appresta, a maggio, a
cambiare gli equilibri dei gruppi parlamentari, l’ex segretario pd
dice solo «spero proprio che non sia così». Ettore Rosato, in
realtà, non lo esclude: «Una verifica è prevista ogni due anni, ma
non è un tema politico».
Anche Cuperlo fa sentire la sua voce
da lontano, molto polemica: «Sul Jobs act il governo ha ignorato
suggerimenti e linee votati dalla direzione. E sulla riforma
costituzionale non è si è tenuto conto neppure di un voto». Quanto
al «ricevimento parlamentari», come lo chiama, «in tre minuti
riesco a risolvere dei quiz, non la riforma fiscale». Cuperlo ha
mandato una lettera aperta, condivisa dalla trentina di parlamentari
che hanno aderito a Sinistradem, nella quale avanza alcune proposte
specifiche: un istituto universalistico contro la povertà, un
credito di imposta per le imprese che investono in ricerca e
innovazione, reddito di cittadinanza, una legge sulle unioni civili,
«norme di buon senso sulla flessibilità in uscita» e correzioni
sull’Italicum. Sulla riforma costituzionale, si chiede un
«seminario di verifica». Si arrabbia anche Pippo Civati: «Non si
dica che non ci sono soluzioni alternative, perché le abbiamo
avanzate. Questo è infamante». E se la Bindi, a Bologna per un
incontro antimafia, si dice «d’accordo con chi ha scelto di non
andare», non tutti hanno fatto la stessa scelta. Della minoranza
erano presenti, tra gli altri, Damiano, Boccia, Tocci, Amendola,
Campana, Miccoli. Renzi ha scherzato con Damiano, che alzava la mano:
«Compagno Damiano, ci mancherebbe che non le dessi la parola». «Ci
mancherebbe compagno Renzi», ha replicato, aggiungendo: «Mi auguro
che le mie osservazioni non facciano la fine di quelle sui
licenziamenti collettivi».
Una risposta a Bersani, che alludeva
a una possibile incostituzionalità del Jobs act, è arrivata dal
ministro Giuliano Poletti: «Abbiamo verificato i profili di
costituzionalità. Rispetto l’opinione di Bersani, ma non ci sono
forzature».
Nessun commento:
Posta un commento