Corriere della Sera 16/02/15
V.Pic.
«È ora di aprire gli occhi. In Libia
non può esserci un’operazione di peace-keeping . Semplicemente
perché la peace , la pace, da mantenere non c’è». Simona Bonafè,
parlamentare europea renziana, va dritta al punto. «Sono sulla
stessa linea dei ministri Paolo Gentiloni e Roberta Pinotti. Si deve
intervenire, sempre con la copertura Onu, ma con la forza».
Quindi
con un intervento militare?
«In Libia c’è una situazione di
anarchia totale. Dove di fatto sono avanzate le forze dell’Isis. Lì
la pace occorre portarla. E non può essere che con un intervento di
peace-enforcing . Sempre nell’ambito di una iniziativa
Onu».
Questo atteggiamento non ci espone a
ritorsioni?
«L’alternativa qual'è? Per noi la Libia non è solo
un problema di sicurezza, ma anche di emergenza immigrazione. Se non
si risolve quel conflitto è inutile dibattere di Triton o di Mare
Nostrum. Perché i profughi e gli immigrati in fuga saranno sempre
più numerosi».
L’Europa ha fatto poco?
«Sì, qui occorre
fare autocritica. Ha fatto bene il premier Matteo Renzi a
sottolinearlo in tempi non sospetti e a porre la questione
all’attenzione del meeting informale dei capi di Stato. La Merkel
deve smettere di pensare che esiste solo l’Ucraina. Da ora la Libia
deve essere il nuovo dossier all’attenzione dell’Europa».
C’è
chi ha criticato come incaute le dichiarazioni dei ministri Gentiloni
e Pinotti. Lei che ne pensa?
«Quello che intendevano dire è
chiaro. Non possiamo più aspettare c’è una situazione che rischia
di degenerare e dobbiamo correre ai ripari. Ad oggi non c’è uno
Stato, quindi serve la forza».
C’è chi dice che le
dichiarazioni di Gentiloni ci hanno reso obiettivo.
«Che sia in
corso una guerra tra noi e i terroristi è un dato di fatto.
L’abbiamo visto con i tragici eventi di Parigi e Copenaghen. È un
attacco ai valori dell’Europa e quindi dobbiamo essere in grado di
reagire. Il fatto che abbiano messo all’indice il ministro non ne è
che la prova. Tanto più che Gentiloni non ha un approccio
guerrafondaio ai temi internazionali».
Ma l’Italia ora è nel
mirino?
«La dichiarazione di guerra era già contro tutta
l’Europa. Non penso che ci sia un innalzamento del rischio. E per
questo che la risposta non può che essere europea e di
sistema».
Perché questo ritardo dell’Unione Europea sul
dossier Libia?
«L’agenda degli ultimi mesi è stata
monopolizzata dalla questione Ucraina da un lato e dalla Grecia
dall’altro, quindi non si è prestata la giusta attenzione. Abbiamo
votato risoluzioni sulla crisi umanitaria in Iraq e Siria causata
dall’Isis e un’altra sul terrorismo in generale, ma non sulla
Libia».
Cosa pensate di fare?
«Portare la questione
all’ordine del giorno con tutti gli strumenti che abbiamo a
disposizione».
Teme che qualcuno, leggi Merkel, sia
insensibile?
«Questo ancora non posso dirlo. Dico solo che
sicuramente è mancata la giusta attenzione da parte dell’Europa.
Ma oggi tutto il mondo è in subbuglio. E con l’euroscetticismo che
dilaga se non creiamo le condizioni affinché l’Europa parli con
una sola voce negli equilibri, anzi negli squilibri internazionali,
perdiamo una grande occasione».
Cosa l’ha colpita in questa
vicenda
?
«L’uso molto accorto che l’Isis fa dei media, ma
soprattutto del web. Per questo una efficace lotta al terrorismo non
può prescindere da un controllo della Rete, attraverso la quale
arruolano le loro forze. La fatwa a Gentiloni è tutta lì».
Non
si rischia di ridurre la nostra libertà?
«Creare paure e mettere
un freno alle nostre libertà è proprio il loro obiettivo. Noi
dobbiamo garantirle pur nella consapevolezza che possono esserci
anche strumenti diversi della sicurezza come il controllo della
Rete».
Nessun commento:
Posta un commento