Corriere della Sera del 20/02/15
Gian Antonio Stella
Trentacinque carcerati a uno: ecco lo
«spread» che la Germania ci infligge sul rispetto delle regole
della sana economia. I «colletti bianchi» che violano le leggi
fiscali o finanziarie, a Berlino e dintorni, sono sbattuti in galera
con una durezza da noi impensabile: 7.986 detenuti loro, solo 230
noi. Fermi a un decimo della percentuale europea. E torna la domanda:
è un caso se gli stranieri preferiscono investire altrove?
I
dati che ci inchiodano come un Paese eccessivamente permissivo nei
confronti dei corsari dell’aggiotaggio, della truffa fiscale, delle
insider trading, della bancarotta fraudolenta e di tutti gli altri
reati legati alla criminalità finanziaria ed economica sono
contenuti nel rapporto 2014 del Consiglio d’Europa, appena
pubblicato, sulla popolazione carceraria nel nostro continente e in
alcuni Paesi dell’area come l’Azerbaijan o l’Armenia. Rapporto
curato da Marcelo F. Aebi e Natalia Delgrande, dell’Università di
Losanna.
C’è di tutto, nel dossier. Sappiamo che i detenuti
di tutte le prigioni europee messi insieme sono 1.679.217, pari a una
media di 140 ogni centomila abitanti, che le celle sono per quasi la
metà sovraffollate, che gli stranieri sono mediamente uno su quattro
e arrivano in Svizzera al 74% della popolazione carceraria, che la
loro età media è di 35 anni, che tutto compreso (dal cibo alla
manutenzione dei penitenziari allo stipendio degli agenti di
custodia) costano 97 euro al giorno pro capite, che ogni anno si
uccidono in 5 ogni 10.000…
I dati più interessanti, però,
sono quelli sul tipo di detenuti. Perché è lì che emerge
nettamente la scelta delle priorità che ogni Paese assegna alle
diverse emergenze. Puoi scoprire così che in Italia (ultimi dati
disponibili: 2013) su 39.571 condannati con sentenza definitiva il
16,3% era dentro per omicidio o tentato omicidio, il 5,1% per stupro,
il 14,7% per rapina, il 5,2% per furti più o meno aggravati e
addirittura il 37,9%, cioè la maggioranza relativa, per reati legati
alla droga. Una percentuale immensa rispetto ai «colletti bianchi».
Basti dire che, in numeri assoluti, gli spacciatori in cella sono
14.994 contro 230 condannati per reati economici e finanziari.
Ora,
è ovvio che l’eroina, la cocaina e le altre droghe sono un
problema. Ma è un’emergenza che vale per tutta l’Europa. Ed è
impressionante, invece, lo squilibrio tra i diversi Paesi. Se da noi
è in carcere un «colletto bianco» ogni 65 spacciatori, in Irlanda
ce n’è uno ogni 23, in Spagna uno ogni 9, in Inghilterra uno ogni
7, in Danimarca uno ogni 6, in Olanda e in Svezia uno ogni 4, in
Finlandia, in Croazia e in Francia uno ogni due.
Per non dire di
Paesi come la Germania dove i delinquenti in giacca e cravatta
condannati per avere maneggiato il denaro sporco della mala-economia
sono perfino più dei pusher: 7.986 contro 7.555. Il che significa
una cosa sola. Che un Paese serio, se vuole tenere in ordine la
propria economia, la propria libertà di concorrenza, le proprie
regole commerciali in modo che chi investe si senta davvero tutelato
non ha alternative: deve colpire gli spacciatori di mala-economia con
la stessa fermezza con cui colpisce gli spacciatori di coca.
Ma
è così, da noi? Dicono le cronache che la settimana scorsa un
giovane straniero è stato condannato a 5 anni per un grammo di
droga. Sarà stato recidivo, ma è impossibile non notare la
sproporzione con sentenze di condanna in Cassazione emesse per grandi
finanzieri e banchieri dei quali non ricordiamo un solo giorno di
carcere. Per non dire della fine di altre vertenze.
Prendiamo
un’ Ansa di pochi giorni fa: «L’azione di responsabilità contro
gli ex amministratori di Seat Pagine Gialle non ci sarà più.
L’assemblea degli azionisti, riunita a Torino, ha accettato a
maggioranza la proposta degli ex manager: 30 milioni di euro per
chiudere con il passato e voltare pagina. Una cifra molto distante
dai 2,4 miliardi ipotizzati dall’azione di responsabilità nei
confronti di alcuni amministratori della società, tra i quali l’ex
ad Luca Majocchi e l’ex presidente Enrico Giliberti, deliberata
dall’assemblea a marzo 2014, ma il segnale della volontà di
chiudere definitivamente una pagina buia. Venti milioni saranno
pagati da due compagnie di assicurazione, gli altri 10 dai fondi che
erano azionisti di riferimento della società dal 2003 al 2012.
L’accordo chiude ogni possibilità di rivalsa da parte della
società nei confronti degli ex amministratori…». Per carità:
tutto certamente in ordine. Ma una transazione da 2,4 miliardi a 30
milioni di euro di cui 20 coperti dall’assicurazione…
Fatto
sta che con la sua miserabile quota dello 0,6% di detenuti per reati
economici e finanziari anche nell’anno di Mario Monti ed Enrico
Letta, a dispetto di tutti i proclami loro e dei governi precedenti,
l’Italia sta in coda. Con un decimo della media europea, salita al
5,9%. Un decimo!
La verità, dimostra una mappatura delle
riforme dal 2000 a oggi condotta da Grazia Mannozzi dell’ateneo
dell’Insubria, è che gli inasprimenti dichiarati sono stati tanti
ma «curiosamente a queste dinamiche di inasprimenti sanzionatori su
singole fattispecie o su gruppi di illeciti si sottraggono solo i
reati economici».
Mettetevi ora nei panni di un investitore
straniero: vi incoraggerebbero a venire qui numeri e fatti come
quelli ricordati e la prospettiva che se un socio vi tirasse un
bidone non avreste manco la soddisfazione, magari dopo anni e anni,
di vederlo finire in galera? Il World investment report 2014 ricorda
che l’Italia, per capacità di attrazione di investimenti diretti
esteri, è oggi dietro l’Olanda, il Cile, l’Indonesia o la
Colombia dopo aver perso negli anni della crisi, dice il Censis, il
58% del precedente bottino… E l’ultima tabella elaborata dalla
Cgia di Mestre su dati Ocse vede il nostro Paese contare sui flussi
di investimento stranieri per lo 0,8% del Pil. Un dato che
corrisponde a poco più della metà (1,4%) della media Ocse ed è
lontano da quelli di Ungheria, Repubblica Ceca, Messico, Austria,
Spagna, Paesi Bassi…
Arriveremo un giorno o l’altro a
prendere atto, finalmente, che la guerra alla cattiva economia, alla
finanza di rapina, all’evasione, alla corruzione, non è solo un
dovere morale ma anche un’opportunità di sviluppo economico e
civile? Se poi si cominciano a vedere i segnali della ripresa…
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