ILVO DIAMANTI
La repubblica 7 febbraio 2015
Il nuovo presidente della Repubblica
parte da dove aveva cominciato Napolitano nel 2006 La sua elezione
sembra giovare a Renzi, la cui popolarità risale di tre punti,
toccando il 49 % In crescita Vendola e Sel, ma anche i partiti di
centro: oltre il 5 per cento. 5Stelle stabili Ecco l’effetto
Quirinale: sì a Mattarella da 6 italiani su 10 e anche il governo
recupera Il Pd torna a salire, Fi e Lega giù.
Pochi giorni dopo l’elezione del
nuovo Presidente della Repubblica, il clima d’opinione verso le
istituzioni e il sistema politico, fra gli italiani, è cambiato. In
particolare, è migliorata l’immagine del governo e del suo
premier. Inoltre, si è rafforzato il PD. Ma, soprattutto, è
risalita in modo repentino la popolarità del Presidente. Il
sondaggio appena concluso da Demos per l’Atlante Politico rileva,
infatti, come il 59% degli italiani (intervistati) esprima (molta o
moltissima) fiducia nei confronti di Sergio Mattarella. Si tratta,
dunque, di 15 punti in più rispetto a Giorgio Napolitano, al momento
della conclusione del suo (secondo) mandato. In altri termini, 6
italiani su 10 oggi attendono il Presidente con fiducia. Una
maggioranza larga, come quella, d’altronde, che aveva guardato con
fiducia Napolitano, al momento dell’insediamento, nel maggio 2006.
E ha continuato a sostenerlo, per molti anni. Unico riferimento
unitario di un Paese diviso. Oggi, evidentemente, il Paese attende,
spera, di potersi riunire di nuovo intorno al Presidente. Anche se i
consensi nei suoi riguardi riflettono, sostanzialmente, le dinamiche
politiche che ne hanno accompagnato l’elezione. Il sostegno a
Mattarella, infatti, è molto elevato a centrosinistra. Anzitutto fra
gli elettori del PD. Ma è ampio anche nella base di SEL e del Centro
(prossimo al 60%). Mentre è molto più limitato (30% -40%) fra gli
elettori di FI e del M5s. Che, in Parlamento, non hanno votato per
Mattarella. Il quale, invece, ottiene un consenso (di poco)
maggioritario dalla base elettorale della Lega e dei Fratelli
d’Italia. Il nuovo Presidente della Repubblica, dunque, sembra aver
ristabilito il legame di fiducia con gli italiani. Tuttavia, le
stesse ragioni che avevano prodotto il distacco fra il Quirinale e
l’opinione pubblica, durante l’ultimo anno, incombono ancora. E
rischiano di complicare, presto, il percorso presidenziale di
Mattarella. Chiamato, da subito, a confrontarsi con la nuova legge
elettorale e le riforme costituzionali. In un contesto politico
segnato da nuove tensioni. Anzitutto, dal contrasto fra Renzi e
Berlusconi, che si è acceso proprio in occasione dell’elezione del
Presidente. Il PdN, il Patto del Nazareno, oggi sembra meno solido.
Secondo alcuni, si sarebbe perfino dissolto. A guardare i dati
dell’Atlante Politico, però, questa frattura (se di frattura
davvero si tratta), ma, soprattutto, l’elezione presidenziale
sembrano aver fatto bene al governo e al premier. La fiducia nei
confronti del governo, infatti, è risalita di 4 punti nell’ultimo
mese. Oggi è al 46%, come in dicembre. Ha recuperato consensi presso
gli elettori di tutti i principali partiti. Per primo, evidentemente,
il PD (quasi 80%). Ma anche SEL e AP. Perfino FI e il M5s. Unica
eccezione: la Lega e i Fratelli d’Italia. Parallelamente, è
cresciuta anche la popolarità personale di Renzi. “Stimato” dal
49% degli elettori, 3 punti in più del mese scorso. Una ripresa
significativa, per quanto limitata, perché avviene dopo mesi di
declino. Renzi, peraltro, è il leader di partito che vede aumentare
maggiormente il proprio credito, insieme a Vendola e alla Meloni.
Anche se l’unica “opposizione personale” al premier continua ad
essere proposta da Matteo Salvini. Il leader della Lega, ormai
proiettato decisamente oltre il Po.
È, tuttavia, interessante osservare
come gli orientamenti di voto, in questa occasione, siano solo in
parte coerenti con le valutazioni “personali” sui leader. Se non
per quel che riguarda Renzi e il “suo” partito. Alla ripresa di
consensi del Capo, infatti, corrisponde la crescita del PD, che,
secondo le stime di Demos, rispetto a gennaio, è aumentato quasi di
un punto e mezzo e si attesta al 37,7%. Il livello più alto da
ottobre. Peraltro, ormai pare non aver più avversari. Salvo il M5s,
che resta attestato poco sotto il 20%. Unica opposizione, che,
tuttavia, non riesce a entrare nel gioco delle alleanze. Percepito (e
usato) dagli stessi elettori non tanto come alternativa di governo,
ma come canale di dissenso. Malessere. Verso tutti. Calano, invece, i
consensi ai principali partiti di Destra. Forza Italia: supera di
poco il 14%. La stessa Lega, dopo molti mesi, conosce un arretramento
significativo. Si ferma all’11%. Molto, rispetto alle Europee, e
ancor più rispetto alle politiche del 2013. Ma 2 punti meno di
dicembre. Lontana da Renzi e dal PD. Arretra anche di fronte a
Berlusconi e a FI. Fra gli altri partiti, infine, crescono, in
particolare, SEL e la Sinistra, ma anche i partiti di Centro.
Entrambi oltre il 5%. Segno di una crescente “centrifugazione”
del voto.
L’elezione di Sergio Mattarella
sembra, dunque, aver rafforzato anzitutto l’istituzione che egli
rappresenta. Il Presidente della Repubblica. Oggi è guardato con
fiducia e speranza dalla maggioranza degli italiani. Questa elezione,
però, ha restituito credito al Partito e al Governo di Renzi. Il PdR
e il GdR escono rafforzati da questo passaggio. Insieme, ovviamente,
al loro Capo (per citare una formula di Fabio Bordignon). Anche se si
tratta di una fiducia “a termine”. In vista delle prossime,
urgenti, scadenze.
Economiche e istituzionali. Di certo,
in questa fase, l’Italia appare un sistema mono-polista, più che
bi o multi-polare. Perché ha un solo, unico Capo e un solo, unico
partito che contino. Anche se, in Parlamento, la maggioranza del
Governo di Renzi dipende da alleanze a geometria variabile - e
instabile. Soprattutto dopo che il PdN si è logorato, se non
spezzato. Anche perché Berlusconi, insieme a FI, appare indebolito
dall’elezione presidenziale.
Per questo, a mio avviso, il Capo - del
Governo e del PdR continua a pensare a nuove elezioni. Appena
possibile. Anche se il percorso e i vincoli imposti dalla nuova legge
elettorale rendono questa possibilità poco possibile. Ma governare
un Parlamento eletto in epoca prerenziana, con un PD – allora
bersaniano, inseguendo consensi liquidi, di giorno in giorno, penso
che per Renzi sia sempre meno sopportabile. Psicologicamente, prima
ancora che politicamente.
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