Corriere della Sera del 08/02/15
corriere.it
«Quello che dice Berlusconi non vale
nemmeno una risposta. Ma una risata. Sì quello che dice Berlusconi
sulla deriva autoritaria delle riforme fa ridere», Matteo Renzi non
sembra prendere sul serio l’attacco del leader di Forza Italia.
«Propaganda, rivolta soprattutto all’interno dei suoi gruppi
parlamentari», dice il premier ai suoi collaboratori per spiegare
l’alzata di scudi dell’ex Cavaliere, che ha inasprito i toni nei
suoi confronti. Renzi ostenta sicurezza e non sembra temere
l’irrigidimento del leader di Forza Italia. Anzi: «Lui — spiega
ai suoi — sa che quell’intesa che è stata stretta sulle riforme
interessa al Paese e ai cittadini italiani, ma conviene anche a lui,
se vuole rientrare in gioco. Non è un caso che sia stato sempre
Berlusconi a volerla e a cercarla. Dopodiché, se adesso si contorna
di cattivi consiglieri, affari suoi. Noi siamo sempre pronti a
riprendere il discorso, ma senza ricatti: le regole si discutono alla
luce del sole. A me interessa fare delle buone leggi per gli
italiani, a lui non so». Per farla breve, il pensiero del presidente
del Consiglio è questo: «Berlusconi decida se le riforme sono una
schifezza come dicono Brunetta e altri soggetti dello stesso tipo o
se sono un fatto positivo, come disse proprio il leader di Forza
Italia all’inizio. Insomma, decida se ha cambiato idea, perché non
sono un contentino per me, ma una grande cosa per il Paese e per gli
italiani. E se pensa di ricattarmi io comunque arrivo fino al 2018
con o senza Forza Italia che vota le riforme».
Insomma, Renzi
vuole svelare il gioco di Berlusconi, vuole vedere se il Cavaliere
arriverà veramente fino alla fine e oltrepasserà il confine da cui
non potrà più tornare indietro o se un minuto prima dell’ultimo
passo farà l’ennesima giravolta e ricomincerà la trattativa.
Nell’attesa, il presidente del Consiglio, nonostante certi toni
irridenti e anche provocatori — suoi, ma pure dei fedelissimi —
preferisce non dare fuoco alle polveri e aspettare che si svelenisca
il clima. Perché la verità è che al premier come al capo di FI non
convengono le risse e le lotte senza ritorno. Il primo ha troppo a
cuore le riforme e mandarle in porto con Berlusconi significa
accorciarne i tempi. Il secondo non vede l’ora di tornare al tavolo
dei leader che contano.
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