Corriere della Sera 22/02/15
Aldo Grasso
Dalla musica d’impegno alla musica
d’evasione. Succede con i cantanti, succede con gli artisti in
genere. Troppo indaffarati a rincorrere le Muse («e musse», in
dialetto ligure) a volte si dimenticano di ottemperare agli obblighi
quotidiani. Gino Paoli è indagato per evasione fiscale. Indagato non
condannato. E quindi i verbi vanno coniugati al
condizionale.
L’accusa al cantante sarebbe quella di aver
portato due milioni di euro in Svizzera e di averli sottratti al
Fisco. Secondo l’inchiesta i soldi potrebbero essere proventi in
nero di concerti alle Feste dell’Unità. Difficile da digerire.
Paoli l’esistenzialista di Pegli, Paoli il probo, Paoli l’ex
deputato del Pci, Paoli il presidente della Siae (da cui si è
autosospeso). Paoli che ha preso a male parole gli occupanti del
Teatro Valle perché non pagavano i diritti d’autore e non
versavano le marchette all’Enpals, Paoli che ha sempre vissuto
dalla parte giusta della Storia. Da non crederci, come sostiene
l’amico Beppe Grillo, anche lui uno che in vita sua non avrà mai
preso soldi in nero da uno spettacolo. Lasciamo perdere tutti gli
sfottò apparsi sul web, lasciamo perdere che in Quattro amici al bar
il più sfigato è quello che s’impiega in banca, lasciamo perdere
la furia della Banda degli Onesti .
Forse sarà solo colpa di un
cattivo consiglio, di una faciloneria, ma abbiamo già tante colpe
nostre che vorremmo fare a meno di tollerare anche quelle degli
altri.
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