Corriere della Sera 17/02/15
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Sarebbe quello di Romano Prodi il nome
che il governo italiano vuole spendere nella partita libica. Anche se
al momento si tratta solo di un’ipotesi, sia pure largamente
discussa, ci sono indicazioni diverse e concordanti che sia l’ex
presidente del Consiglio la personalità su cui punterà l’Italia,
per affiancare il mediatore in carica delle Nazioni Unite, Bernardino
León.
L’insoddisfazione italiana per l’operato del
diplomatico spagnolo è apparsa più che evidente nelle dichiarazioni
del premier Matteo Renzi, il quale ha definito «insufficiente»
l’azione dell’Onu e chiesto esplicitamente al segretario generale
Ban-Ki-Moon di «raddoppiare gli sforzi» per costringere le due
principali fazioni libiche, quella più laica di Tobruk e quella
islamica di Tripoli, a forgiare un embrione d’intesa politica.
A
favore di Prodi, che ha di fatto già espresso la sua disponibilità
a un eventuale incarico, giocano non solo la grande esperienza
internazionale, la perfetta conoscenza del complicato dossier
nordafricano e il prestigio di cui gode, ma anche il fatto che la
scorsa estate furono proprio le fazioni libiche a indicarlo come
mediatore gradito e ascoltato. La scelta del Palazzo di Vetro cadde
invece su León, probabilmente (ma non solo) anche a causa del
mancato appoggio del governo Renzi alla candidatura dell’ex
premier, che non ha mai nascosto la sua delusione.
Ma dopo mesi
di gelo, fra i due ora è tornato il sereno. E Renzi sembra essersi
persuaso che proprio Prodi possa essere il game-changer della vicenda
libica. Un’intesa o almeno un principio d’intesa tra le due
fazioni, anche in funzione anti Isis oltre che di stabilizzazione del
Paese, è infatti condizione imprescindibile, per ogni ipotesi di
missione internazionale sotto l’egida dell’Onu.
L’azione
dell’Italia in ogni caso continua anche su altri fronti. Nel quadro
delle consultazioni con i Paesi amici, per coordinare gli sforzi
contro il Califfato, Renzi ha parlato al telefono con il presidente
egiziano Al Sisi, condannando lo «scellerato atto terroristico»
contro gli egiziani copti.
Ancora, il ministro degli Esteri
Gentiloni ha inviato una lettera all’Unione europea, indirizzandola
ai due vice-presidenti della Commissione, Federica Mogherini e Frans
Timmermans, e agli altri sei commissari che il 4 marzo si riuniranno
a Bruxelles per discutere d’immigrazione. Gentiloni chiede più
solidarietà e sollecita l’Ue a fare «di più in termini
finanziari e di concreta disponibilità di mezzi aeronavali»
nell’operazione Triton, definita «un primo passo nella giusta
direzione».
Dell’emergenza in Libia parlerà a nome della Ue
anche Mogherini a Washington giovedì, nel corso di un incontro con
il segretario di Stato John Kerry, il ministro degli Esteri egiziano
Shoukry e altri leader regionali, dedicato alla lotta al terrorismo
islamico.
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