sabato 28 febbraio 2015

Quanto pesano gli «attacchi alle aziende» nella partita tra Berlusconi e il Carroccio.


Corriere della Sera 28/02/15
Francesco Verderami
Ha sopportato qualche dichiarazione in disordine, l’arrivo ad Arcore per cena in jeans e maglione, i penultimatum sulle alleanze per le Regionali. Ma l’attacco a Mediaset no, è un affronto che considera «inaccettabile». Ed è certo quindi che per Berlusconi questa storia con Salvini non finisce qui, «non finirà qui», ha detto infatti il leader di Forza Italia, furioso non solo per la contrarietà espressa dal segretario leghista all’opas del Biscione su Rai Way, per il modo allusivo con cui ha evocato il Nazareno e i presunti patti indicibili con Renzi, ma soprattutto per la chiosa: «Sarebbe un saldo di fine, fine, fine stagione».

L’insistenza sulla parola «fine» da parte di Salvini è parsa a Berlusconi un chiaro riferimento alla traiettoria della sua leadership. Probabilmente il fondatore del centrodestra ci sarebbe passato sopra ancora una volta, se non fosse che il capo del Carroccio ha legato quel giudizio politico alle sorti della sua ditta. Ecco perché gliel’ha giurata, sebbene la congiuntura giudiziaria e la delicatezza dell’operazione finanziaria — più che la necessità di trovare un’intesa con la Lega in Veneto — lo abbiano indotto a non replicare. Ha lasciato solo che il Giornale evidenziasse la strana alleanza tra Grillo e Salvini. A futura memoria.

Nulla più. E infatti tutti sono restati zitti, anche a Mediaset, dove l’ordine di Confalonieri è la consegna del silenzio, per non pregiudicare l’iniziativa industriale. Altrimenti dal quartier generale del Biscione sarebbero stati denunciati i «riflessi pavloviani di una certa sinistra che non manca mai occasione di mostrare il suo antiberlusconismo», insieme all’«improntitudine di chi non avrà fiato per durare». Anzi, a Salvini ieri è stata offerta la tribuna di «Mattino cinque», sulla rete ammiraglia, per dargli modo di rimangiarsi ciò che aveva detto il pomeriggio prima: «Non ho divorziato da Berlusconi, gli ho chiesto solo di scegliere con chi allearsi».

Ma a Berlusconi delle alleanze per le Regionali interessa fino a un certo punto. Piuttosto ha capito qual è la scelta di Salvini. Più che gli attacchi al suo primato e al suo partito, sono stati quei concetti sull’opas di Mediaset su Rai Way, quel «non permetteremo che vengano svenduti gli ultimi pezzi di aziende sane rimaste in Italia», che gli hanno fatto comprendere le reali intenzioni del segretario leghista. In fondo l’ex premier è l’anticomunista più marxiano che esista: parte sempre dall’interpretazione economica della realtà per farne discendere l’analisi politica. E al cuore della questione, il «goleador» — come lo aveva ribattezzato per conquistarlo — lo sta colpendo al portafogli, che è un pezzo di anima per ogni imprenditore.

D’altronde i sondaggi raccontano a Salvini che più si allontana dall’ex premier più raccoglie consensi, perciò si è messo a cannoneggiare sulla ridotta berlusconiana, attenta al cuore cioè alla mobilia, e prova così a recidere il cordone ombelicale di quel che resta dell’elettorato berlusconiano, denunciando — con quelle espressioni — che l’unico suo interesse è la difesa dei suoi interessi. Ecco perché l’affronto è «inaccettabile», ecco perché «non finirà qui»: perché il segretario leghista starebbe sabotando il rinascimento di chi, sul fronte imprenditoriale, vorrebbe prendersi la rivincita rispetto all’oltraggiosa fortuna che sta vivendo sul fronte politico e giudiziario.

E invece Salvini ripete per tre volte «fine, fine, fine stagione» e avverte che «noi ci metteremo di mezzo in ogni modo». La tesi che il capo del Carroccio abbia reagito a un complotto, che abbia voluto mandare un segnale a chi mirava ad oscurarlo mediaticamente, non regge a giudizio del leader forzista. Persino il Pd è insorto per «il grave squilibrio a favore di Salvini» nei programmi di Raitre e con i dati dell’Osservatorio di Pavia rilevati tra gennaio e febbraio ha rivolto un’interrogazione alla tv di Stato: «Ci spieghi come mai il leader della Lega in quel periodo ha avuto a disposizione 4.723 secondi, mentre il premier e segretario del partito di maggioranza ne avuti 2.561».

L’affondo di Salvini contro Mediaset sembrerebbe a prima vista una riedizione del «berluskaz». Non è così, e non solo perché dalla canotta si è passati alla felpa, ma perché Bossi — agli occhi di Berlusconi — ha un’altra statura politica: ai suoi tempi, con meno voti, governava tre regioni con la mano destra e l’Italia con la mano sinistra. Salvini invece — secondo l’ex commissario europeo Tajani — «farà la fine di Tsipras, che pensava di mettere in riga la Merkel». Probabilmente l’alleanza in Veneto tra Lega e Forza Italia si farà, di sicuro Berlusconi se l’è legata al dito: «Non finisce qui». Se finisse, vorrebbe dire davvero che è finita.




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