Corriere della Sera 25/02/15
Andrea Nicastro
La lista delle buone intenzioni greche
è piena di idee che Nanni Moretti chiamerebbe di sinistra. Sulla
carta il governo di Alexis Tsipras proclama che farà pagare più
tasse ai ricchi e attaccherà sia la corruzione della politica sia i
monopoli economici che garantiscono rendite ai soliti noti, ma non
servizi efficienti o tariffe basse. Allo stesso tempo il quarantenne
ca mpione della nuova sinistra-sinistra si ripropone di difendere i
disoccupati morosi dagli sfratti, distribuire elettricità gratuita e
buoni pasto agli indigenti, ripristinare il diritto alla Sanità
pubblica per tutti i cittadini.
È vero, verissimo, manca dalla
letterina approvata dall’ex troika il famoso taglio del debito
sovrano che era stato il simbolo della nuova era, come pure l’aumento
del salario minimo o delle pensioni. Non c’è neppure la
riassunzione di centinaia di migliaia di ex dipendenti statali, la
retromarcia sulle privatizzazioni o l’avvio di opere pubbliche
capaci di far ripartire, keynesianamente, l’economia.
Ma, per
ora, quel che conta è che sia arrivato il bollino verde per il
documento presentato ieri mattina e, a scanso di sorprese nei
passaggi parlamentari europei, Atene potrà pagare stipendi, pensioni
e interessi ai creditori per altri 4 mesi. La Borsa dell’Acropoli
ha festeggiato con un più 10 per cento eppure lo scetticismo dilaga.
Christine Lagarde, la capa del Fondo monetario internazionale, è
dubbiosa sulla reale volontà degli scravattati di Atene di portare
fino in fondo le riforme che hanno promesso in cambio dell’ennesimo
prestito miliardario. E Mario Draghi, presidente della Banca centrale
europea, non è affatto certo che le misure proposte ieri mattina
siano effettivamente migliori o più efficaci di quelle accettate dal
governo precedente di centrodestra. Insomma le intenzioni greche
possono essere state giudicate sufficienti ieri, ma sono circondate
da una cortina di diffidenza che ne fa osservati speciali. Non è
difficile capire perché. Tutti gli interventi umanitari su sanità,
casa e malnutrizione devono essere a costo zero. Le «istituzioni»
non hanno concesso alcuna flessibilità sul deficit per cui Tsipras e
i suoi economisti rimpatriati da varie università del mondo oltre a
dover riformare alcuni settori impermeabili al cambiamento da
decenni, devono anche riuscire in quei miracoli che qualunque governo
del mondo insegue da sempre.
Cominciamo dalle cose semplicemente
difficili. Tsipras sostiene che riuscirà ad interrompere la vendita
in nero di benzina e sigarette su cui guadagnano da anni industriali
e dettaglianti. Dice che riuscirà a fare una spending review nella
pubblica amministrazione senza toccare salari e pensioni. I margini
di miglioramento ci sono, ma come sappiamo bene noi italiani la
zavorra dell’apparato burocratico è difficile da scaricare. Sarà
anche complicato scovare i finti invalidi, imporre registratori di
cassa contro il salto dell’Iva, vendere a prezzi ragionevoli le
frequenze tv, pignorare i beni dei grandi evasori fiscali, punire chi
apre un’attività già deciso ad andare in bancarotta e anche
convincere le banche a non sfrattare i morosi.
Ora i miracoli.
Alexis Tsipras e il suo anticonformista ministro delle Finanze Yanis
Varoufakis dicono che riusciranno a razionalizzare le spese sanitarie
(già sforbiciate di quasi il 50% in 4 anni) per poter offrire
l’assistenza universale che era stata soppressa. Ma anche varare
una legislazione sul lavoro «flessibile e giusta», trovare i soldi
per gli aiuti umanitari senza alzare il deficit e, infine, «creare
una nuova cultura di correttezza fiscale», per cui ciascuno vorrà
contribuire equamente al bene pubblico.
Pare il sogno di un
nuovo homo graecus con una candida anima a sinistra-sinistra. Forse
troppo anche per la dirompente coppia Tsipras-Varoufakis.
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