Corriere della Sera 06/02/15
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Mussolini, altri tempi, fu sbrigativo:
«Attualmente risultano in uso 16 vetture: di esse 13 dovranno
dismettersi entro domani sera». Marianna Madia non pretende tanto.
Dopo mesi di tira e molla, però, ha deciso di dare un ultimatum:
entro dieci giorni tutti i ministeri e tutte le amministrazioni
pubbliche devono fare rapporto sulla drastica diminuzione delle
autoblu decisa dal governo subito dopo il debutto. Obiettivo
dichiarato: «Calare nei ministeri da 1.600 a 95 auto».
Ambizioso.
La stessa campagna lanciata dal Duce il 7 marzo 1923, con la lettera
inviata agli Interni dal ministro del Tesoro Alberto De Stefani («Per
preciso ordine ricevuto dal presidente del Consiglio ho disposto che
rimangano in servizio presso codesto ministero 3 auto…») non diede
poi i frutti sperati. E proprio il timore che finisca come altre
volte, con l’evaporazione giorno dopo giorno delle buone
intenzioni, deve aver spinto Matteo Renzi e il ministro della
Pubblica amministrazione a tentare il braccio di ferro.
Giurano
a Palazzo Chigi che va già meglio di un tempo. Che «le autoblu
messe all’asta in varie tranche su eBay sono andate tutte vendute»
e che sono state bruscamente ridotte le macchine della Presidenza del
Consiglio e dei ministri senza portafoglio che intorno alla
presidenza gravitano. Le auto, che fino all’anno scorso sarebbero
state una quindicina nel cortile e nei parcheggi annessi più altre
115 in un autoparco, «sono state ridotte a 11: una per Renzi, tre
per i tre ministri, le altre gestite via via che servono per Graziano
Delrio e gli altri sottosegretari o dirigenti che ne abbiano bisogno
per motivi d’urgenza». Bastano? «Sì. Si è visto che
bastano».
Certo la scrematura è appena cominciata: all’inizio
del 2014 le autoblu vere e proprie, che già Renato Brunetta aveva
fatto censire avviando quando era ministro la sua campagna di
censimento e di riduzione del fabbisogno (c’è chi contava come
fossero auto di lusso anche la Panda delle guardie forestali che
girano per i boschi) risultavano essere 4.273. Adesso, assicurano gli
uffici della Madia, «sono scese a 3.510, delle quali 2.553 di
proprietà e le altre in leasing».
Le resistenze, però, sono
fortissime. E lo dimostra il tempo passato dalla promessa iniziale
dell’ex sindaco di Firenze. Dalla fine di marzo l’attesissimo
decreto della Presidenza del Consiglio con la «Determinazione del
numero massimo e delle modalità di utilizzo delle autovetture di
servizio con autista adibite al trasporto persone» è arrivato solo
il 25 settembre. Ed è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
altri due mesi e mezzo dopo, l’11 dicembre scorso. Un mese intero,
per capirci, se ne sarebbe andato solo per la domanda e la risposta a
un quesito della Corte dei Conti: ma quando si parla di un massimo di
cinque autoblu per ogni ministero si intende compresa quella del
ministro?
Lì nel documento, le regole, sono chiare. Eccole:
«L’articolo 2 dà attuazione al comma 2 del sopra citato articolo
15 del decreto-legge n. 66 del 2014. Il comma 1 prevede che le
amministrazioni centrali dello Stato, anche ad ordinamento autonomo,
ivi comprese le strutture di cui si avvale ciascun Ministro senza
portafoglio, le Forze di polizia, le Forze armate e le Agenzie
governative nazionali, comprese le agenzie fiscali, possono disporre,
in uso non esclusivo, di un numero massimo di 5 autovetture di
servizio, secondo determinati criteri, ovvero:
a) 1 autovettura
se il numero di dipendenti in servizio presso l’amministrazione è
inferiore o pari a 50 unità;
b) 2 autovetture se il numero di
dipendenti in servizio presso l’amministrazione è compreso tra 51
e 200 unità;
c) 3 autovetture se il numero di dipendenti in
servizio presso l’amministrazione è compreso tra 201 e 400
unità;
d) 4 autovetture se il numero di dipendenti in servizio
presso l’amministrazione è compreso tra 401 e 600 unità;
e)
5 autovetture se il numero di dipendenti in servizio presso
l’amministrazione è superiore a 600 unità».
Unici calcolati
a parte, i ministri: «In aggiunta alle autovetture in uso non
esclusivo, può essere assegnata un’ulteriore autovettura, in uso
esclusivo, al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri».
Di più, aggiunge il documento: «Al fine di conseguire il massimo
risparmio di spesa, il comma 3 prevede che all’interno del numero
massimo di autovetture concesse a ciascuna amministrazione sono
computate anche quelle oggetto di contratto di locazione o noleggio,
o a qualunque altro titolo utilizzate. I commi 4 e 5 prevedono le
modalità e i tempi di dismissione delle autovetture in eccesso».
Va
da sé che è ribadito «l’obbligo di utilizzare le auto di
servizio solo per singoli spostamenti ed esclusivamente per ragioni
di servizio», «il divieto di utilizzare le autovetture per gli
spostamenti tra abitazione e luogo di lavoro», «il divieto di
assegnare autovetture di servizio in uso esclusivo a soggetti diversi
da quelli indicati».
Una stretta al radicale. Decisa dopo molti
anni in cui perfino alla Croce Rossa, nell’ottobre 2006, nonostante
la metà delle ambulanze avessero «più di vent’anni» e fossero
state usate per «più di 250.000 chilometri», c’erano a
disposizione della direzione, denunciò un dossier, 28 autoblu nuove.
Lussuose. Luccicanti. Un andazzo che andava stroncato. Ma che si sta
rivelando, com’era prevedibile, complicato. Fatto sta che, contro
le scadenze graduate sulla dimensione delle diverse amministrazioni è
venuto giù un diluvio. Telefonate, lettere, email… Per chiedere
rinvii, rinvii, rinvii… Un assedio tale da convincere la Madia a
lanciare a tutti l’ultimatum che dicevamo: «Si richiede con la
presente di comunicare ai miei uffici ogni misura adottata al fine di
rispettare le scadenze previste dal decreto. Si resta in attesa di
una risposta entro dieci giorni, al fine di formulare un documento di
sintesi sull’applicazione del DPCM da parte di ciascuna
amministrazione, che sarà presentato al Consiglio dei ministri entro
la fine del mese».
Sarà preso sul serio o sarà vissuto da
qualcuno come «il solito penultimatum»?
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