domenica 8 febbraio 2015

«Andiamo avanti con le riforme 
I capilista bloccati? Vedremo».


Corriere della Sera 08/02/15
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Di Lorenzo Guerini, vicesegretario del Partito democratico, sono note le doti diplomatiche e le acrobazie verbali per evitare pericolosi deragliamenti e inutili polemiche. Ma questa volta, non usa mezzi termini per rispondere alle parole di Silvio Berlusconi che, al Tg5, parla di rischi di «deriva autoritaria»: «Non so se definirle più gravi o più ridicole».

Berlusconi avverte «il rischio che vengano meno le condizioni indispensabili per una vera democrazia».
«Sono parole inaccettabili, allucinanti. Parlare di deriva autoritaria nel nostro Paese significa confermare che qualche volta Berlusconi dichiara senza capire fino in fondo il senso delle cose che sta dicendo».

Nell’intervista sembra confermare la rottura del patto.
«Mi paiono dichiarazioni più di propaganda che di riflessione politica. Il nuovo sistema elettorale l’abbiamo costruito prima nel confronto con le forze di maggioranza e poi con Forza Italia, con Berlusconi in prima persona. Insomma, sono tutti passaggi condivisi: come si fa a parlare di deriva autoritaria?».

Perché questo indurimento dei toni?
«Penso che Berlusconi sia preoccupato di ritrovare compattezza interna a Forza Italia».

Berlusconi denuncia la rottura del patto del Nazareno, con l’elezione di Mattarella .
«No, abbiamo sempre detto che il patto riguardava le riforme costituzionali e la legge elettorale: non c’erano clausole non scritte. Quanto al capo dello Stato abbiamo auspicato la massima condivisione, non c’è stata ma abbiamo comunque sfiorato i due terzi dei voti. A oggi non ho capito perché Forza Italia non abbia votato Mattarella».

Ma il patto è davvero rotto? Non c’è possibilità di riaprire il dialogo?
«Al netto della gravità delle parole espresse, io mi auguro comunque la ripresa del buon senso, dell’intelligenza politica e della responsabilità verso il Paese. Confido che Forza Italia voglia comunque portare il suo contributo sulle riforme, visto che stiamo parlando di regole del gioco, che come tali dovrebbero essere condivise da tutti. Mi auguro quindi che voglia essere della partita. Ma ci aspettiamo che d’ora in poi il pensiero di Berlusconi possa cambiare tutti i giorni sulla base degli umori di quelli che gli stanno attorno. Noi dobbiamo rispettare il suo partito perché è giusto. Ma faremo capire a lui e agli italiani che è finito il tempo in cui Berlusconi metteva i veti. Vogliamo essere chiari: se non ci sta, noi andiamo avanti lo stesso».

E come andate avanti?
«Beh, sulla riforma costituzionale non vedo grandi problemi, abbiamo un consenso molto ampio. Quanto alla legge elettorale, l’unico punto su cui c’è discussione è quello che sta più a cuore a Berlusconi, ovvero i 100 capilista bloccati. Se Forza Italia non sarà della partita, ne prenderemo atto e faremo le scelte che riterremo giuste in Aula».

Quindi, senza Berlusconi, potrebbero saltare i 100 capilista bloccati?
«Dentro il Pd e dentro la maggioranza c’è un’intesa molto alta sulle soglie, sul premio di lista, sul 40 per cento per accedere al premio di maggioranza. C’è un solo punto ancora in discussione: il numero dei capilista. Se Berlusconi si chiama fuori, decide lui il suo destino. Secondo me commette un errore. E lo farebbe anche contro il suo interesse».

Cercherete l’appoggio dei fuoriusciti? Vi si accusa di aver lanciato una campagna acquisti.
«Non c’è nessuna campagna acquisti in corso. L’arrivo dei parlamentari di Scelta civica non cambia nulla, perché erano già in maggioranza. I paralleli con il passato sono fuorvianti. A quei tempi, eletti del centrosinistra passarono nella maggioranza».

Resta il fatto che non solo da Scelta civica arrivano o stanno per arrivare parlamentari verso il Pd. Non è trasformismo?
«Dal nostro punto di vista questo denota la grande capacità di attrazione del Pd, di una sinistra riformista capace di parlare a una platea vasta».

La sinistra pd teme uno spostamento dell’asse.
«L’asse lo stabiliscono le idee e le decisioni. E comunque un partito del 40 per cento deve saper far convivere tutte le culture e non ripiegarsi solo in una dimensione identitaria» .

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