SANDRO DE RICCARDIS
La Repubblica 24 febbraio 2015
Milano, nelle carte del Tribunale dei
ministri le accuse di Cola e Borgogni “Consulenza da 2,6 milioni al
suo studio per fargli cambiare idea su Drs”
Il secondo governo Prodi viveva i suoi
ultimi giorni di vita, un nuovo governo Berlusconi si affacciava
all’orizzonte. In mezzo, l’acquisizione da 3,4 miliardi da parte
di Finmeccanica (controllata dal Tesoro) della società Usa Drs, era
in bilico. Con il futuro ministro dell’Economia, Giulio Tremonti,
che prima si dichiarò contrario, ma che poi avrebbe dato l’avallo
all’operazione.
Un cambio di posizione, a metà 2008,
che oggi costa all’ex ministro l’accusa di corruzione, insieme a
uno dei soci del suo studio, il commercialista Enrico Vitali, l’ex
presidente e a.d. di Finmeccanica, Pier Francesco Guarguaglini, e
l’ex direttore finanziario Alessandro Pansa. Il Tribunale dei
ministri ha ricevuto gli atti tre mesi fa dai pm di Milano, Roberto
Pellicano e Giovanni Polizzi, e ha ordinato alla procura di
trasmetterli alla giunta per le autorizzazioni del Senato. Per le
indagini, Tremonti avrebbe dato il suo assenso all’operazione in
cambio di una tangente da 2,6 milioni, mascherata dietro una
consulenza al suo studio. Nelle carte dell’inchiesta, quelle
settimane di trattative convulse e presunti scambi, vengono rivissute
dai diretti protagonisti.
«COINVOLGERE LO STUDIO»
«Il giorno stesso in cui si sono vinte
le elezioni, già si sapeva che il ministro dell’Economia sarebbe
stato Tremonti», ricorda Marco Milanese, ex braccio destro del
politico, interrogato il 15 gennaio scorso. Dopo le elezioni,
nell’aprile 2008, «nel suo studio, dopo un incontro con
Guarguaglini, Tremonti si lamentò con Bossi e Giorgetti (ex
presidente della commissione Bilancio) che Finmeccanica andasse a
investire all’estero. Sia lui che la Lega volevano l’“italianità”
della società». Il 24 febbraio 2014, Milanese aveva detto ai pm di
aver saputo da Lorenzo Borgogni, manager dell’azienda, che l’affare
era stato concluso. «Mi disse che sulla contrarietà di Tremonti
“avevano trovato la strada”, coinvolgendo lo studio Vitali. Non
fu diretto, ma me lo fece capire». Anche Borgogni parla dei dubbi
del politico sull’acquisto di Drs. «Tremonti domandò a
Guarguaglini come mai non investiva in Italia, ma negli Usa. L’ad
rispose che si entrava nel più grande mercato mondiale, con una
ricaduta di 135 tecnologie su aziende italiane». Interrogato sulle
ragioni dell’incarico allo studio Vitali, anche Borgogni dice che
«può darsi che Guarguaglini mi abbia detto che con un
coinvolgimento dello studio, sicuramente la posizione di Tremonti
sarebbe stata più in difficoltà». Lorenzo Cola, consulente in
Finmeccanica, ha ricordi più nitidi. «Seppi della consulenza dagli
Usa. Mi fu spiegato da Borgogni e Guarguaglini che per avere il
consenso di Tremonti e fare l’operazione, era stato necessario dare
la consulenza».
LE CONTRADDIZIONI DI VITALI
Gli investigatori vogliono appurare se
il coinvolgimento dello studio Vitali sia avvenuto prima o dopo le
Politiche del 13 e 14 aprile. Nell’interrogatorio del 9 dicembre
2014, Vitali fa risalire «al 3 aprile, il kickoff meeting, la
riunione di inizio, in cui i consulenti si conoscono e iniziano a
discutere. La riunione si è svolta da Ernst & Young», che aveva
l’incarico dall’inizio e alla fine firmerà una consulenza
congiunta con lo studio Vitali. Ma per il Tribunale le cose non sono
andate così. «Quanto affermato appare in contrasto con la mail del
17 aprile 2008 con la quale il kickoff viene indicato in “mercoledì
p.v. alle 12 in Finmeccanica”, e pertanto in data certamente
successiva al 17 aprile e alle elezioni».
L’IMBARAZZO DI ERNST&YOUNG
Ma quali sono i «contributi specifici
» dello studio Vitali? «Appunti di lavoro, dove veniva riepilogata
la situazione attuale e quello che si doveva approfondire dopo —
dice Aldo Correale, responsabile settore fiscale di Finmeccanica,
sentito come testimone — È evidente che al nostro interno avevamo
un quadro sufficientemente chiaro, però avendo a disposizione lo
studio, per noi era una sicurezza in più». Viene sentito come
testimone, nel novembre 2014, anche Giuseppe Mongiello, socio di E&Y.
«Noi sostanzialmente tenevamo aggiornato lo studio Vitali sui vari
passaggi della verifica». La collaborazione «consistette in qualche
riunione tra le persone di E&Y e i tre dello studio. Vennero poi
presso i nostri uffici a Washington. Non vorrei risultare offensivo,
ma ci fu come dire... imbarazzo, stupore.. perché non ci poteva
essere negli Usa una partecipazione attiva: nessuno di noi è a
conoscenza del sistema fiscale Usa come un professionista americano.
E poi quelli dello studio Vitali erano un quis alius rispetto alla
struttura di E&Y che operava». Alla fine, per il Tribunale, i
2,6 milioni allo studio sono pagati per «attività non eseguita e
non necessaria». Non risulta, scrivono, «che Finmeccanica abbia
considerato nell’acquisizione di Drs, pareri e opinioni dallo
studio Vitali.
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