Corriere della Sera 28/02/15
Fabrizio Massaro
Massimo Sideri
Si chiama, non senza inventiva,
«Ring», acronimo di rete italiana di nuova generazione. Come il
suono del telefono nei fumetti. Ed è la bozza del decreto legge per
la banda larga che coinvolge in primis Telecom Italia. Il contenuto
del piano che si trova ora sul tavolo del ministero dello Sviluppo
economico e che da qui a martedì, quand’è atteso al Consiglio dei
ministri, potrà cambiare ulteriormente, è incandescente:
basterebbero i titoli provvisori dell’articolo 1, inclusione della
banda ultralarga nel servizio universale, e dell’articolo 2,
attivazione graduale e definitiva delle reti di nuova generazione,
per capire quale possa essere il grado di preoccupazione tra gli
operatori.
Nella sostanza il piano prevede lo
switch off (ovvero l’abbandono) della rete in rame — leggi,
dunque, di Telecom Italia — entro il 2030. Un retroscena mostra
l’importanza di questo passaggio: fino a una settimana fa la data
ipotizzata era il 2024. Una scadenza spostata in avanti di sei anni,
visto lo scontro in campo. Pochi giorni fa il board di Telecom ha
bocciato l’ingresso in Metroweb (la società di fibra ottica di Cdp
e F2i) presentato dall’ad Marco Patuano e ha varato 3 miliardi di
investimento sulla reteveloce con 4 mila assunzioni apprezzato dai
sindacati.
L’idea iniziale della bozza,
contenuta esplicitamente anche nel programma di Matteo Renzi del
2012, era creare una rete pubblica. Il collettore avrebbe dovuto
essere la società pubblica delle tlc, Infratel. Nella bozza attuale
invece si parla solo di un’architettura «Fttb/Ftth» (Fiber to the
building e to the home, cioè la fibra fino almeno al palazzo) che
sia «passiva, neutra e liberamente accessibile». Dunque adesso
dipenderà dall’attuale scontro l’azionariato e la governance
della banda ultra larga.
Gli altri elementi forti della bozza
riguardano la fornitura di almeno 30 megabit al secondo di velocità
come «servizio universale» entro il 2018 — l’Agcom ha tempo sei
mesi per definire quale società avrà questo compito, ma è chiaro
che Telecom è il candidato numero uno — e un voucher per gli
operatori che porteranno la fibra nelle case. Il piano al quale ha
lavorato Raffaele Tiscar per conto del governo sarebbe ora oggetto di
considerazioni non sempre concordi da parte di Andrea Guerra,
consulente economico di Renzi.
Il progetto del governo sulla rete si
incrocia con l’affare delle torri tv. Ancora ieri, a tre giorni dal
lancio dell’opas da 1,22 miliardi di euro di Mediaset, attraverso
la controllata Ei Towers, su Rai Way, la società delle antenne della
tv di Stato, la Borsa ha continuato a credere se non all’operazione
in sé quantomeno al fatto che un consolidamento del settore dovrà
avvenire. Rai Way è cresciuta del 3,44%, Ei Towers del 1,55%. Anche
in questo risiko delle antenne c’è in ballo Telecom Italia, con in
programma la quotazione della sua società delle torri, Inwit. Una
vicenda su cui la Consob è intervenuta chiedendo entro lunedì
informazioni alla Rai sul nodo del possesso pubblico al 51% fissato
dal governo. Ma anche il gruppo della famiglia Berlusconi dovrà
chiarire se modificherà l’offerta rinunciando al controllo nella
società post-fusione. Ieri il viceministro dell’Economia, Enrico
Morando, ha proposto «un modello Snam o Terna» per le torri tv, con
lo scorporo della rete che «potrebbe essere interamente pubblica, o
pubblica e privata» ma senza produttori di contenuto» nel capitale.