Corriere della Sera 30/08/15
Stefano Montefiori
Benjamin Stora, 64 anni, grande storico
dell’Algeria e presidente del Museo di storia dell’immigrazione
di Parigi, è critico sull’atteggiamento degli europei davanti ai
drammi dell’immigrazione. «Non abbiamo capito che stiamo vivendo
un cambiamento geopolitico, una svolta storica. Gli uomini politici
propongono una distinzione tra immigrati economici e rifugiati, ma è
impossibile separare gli uni dagli altri. Per questo è stato
inventato il termine bizzarro di “migranti”, perché non li
possiamo definire immigrati classici ma non vogliamo neppure
caratterizzarli come rifugiati. Allora usiamo questa parola
intermedia di “migranti”, che evoca vagamente delle persone in
marcia, non si sa bene perché, è una parola strana… La somma tra
le due figure di immigrati e rifugiati provoca questa mancanza di
compassione da parte dell’opinione pubblica. La gente ha la
sensazione di un’invasione, ha paura di un cambiamento nel nostro
modo di vivere. Reagisce non con solidarietà ma con angoscia».
Pensa che la classe politica assecondi troppo l’opinione pubblica?
«Sì, i governi non osano educare, spiegare alle persone qual è
la realtà. I politici non riescono ad affermare la necessità di una
solidarietà con persone che scappano dalle guerre. Il solo che
l’abbia fatto finora è il Papa, non certo i partiti tradizionali,
anche a sinistra».
Mostrandosi ferma con gli immigrati, la
sinistra dà l’impressione di cercare una nuova legittimità, una
vicinanza con i cittadini comuni che temono l’immigrazione.
«La
sinistra europea è un po’ alla deriva, non riesce più a definire
un progetto politico coerente di trasformazione della società, e
allora rilancia sulla questione dei valori: la Repubblica, la
Nazione, le frontiere. Si rifugia in un vecchio progressismo
nazionalista, ma si tratta di un nazionalismo di vedute ristrette. La
sinistra potrebbe esistere ribadendo i suoi valori storici, la
tradizione di accoglienza, come accadde in Francia con gli
antifascisti italiani o i repubblicani spagnoli. Non possiamo dirci
contro lo Stato islamico, e poi non accogliere le persone che
scappano dalla sua barbarie».
Ma gli sbarchi sembrano troppo
numerosi. Pensa che le nostre società siano capaci, da un punto di
vista economico e sociale, di sopportare questi flussi?
«Sì,
alla fine le percentuali sono molto basse rispetto alla ricchezza
dell’Europa. Solo che in questo clima xenofobo i politici non se la
sentono di parlare di cifre, di spiegare la realtà economica. Eppure
le immagini ci mostrano donne, bambini, vecchi, non “immigrati”.
Ci rinchiudiamo nel nostro egoismo, ma la realtà finisce per
raggiungerci. Queste persone arrivano comunque, e arriveranno ancora
di più»
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