sabato 15 agosto 2015

Toti presenta il dossier sulle toghe: ma nessuno dica che è uno scambio.


Corriere della Sera 14/08/15
Tommaso Labate
«Prima le faccio una premessa. Nessuno deve permettersi di parlare di “scambio”». 
 Premessa fatta. 
 «Una volta chiarito questo, se Matteo Renzi è disposto a discutere con noi in modo serio di una riforma della giustizia, noi ci siamo. E ci saremmo anche se le sue risposte sulla riforma del Senato non fossero quelle che noi vogliamo». 
 Giovanni Toti, governatore della Liguria e consigliere politico di Silvio Berlusconi, sta facendo su e giù in macchina per la Liguria per tenere sotto controllo l’emergenza dei profughi a Ventimiglia. Durante uno spostamento in macchina, «e ci sono cinquanta gradi», parla del rischio caduta del governo Renzi e dell’attacco dei vescovi a Palazzo Chigi, delle ragioni di Matteo Salvini sull’immigrazione e del caos sul Senato. Partendo da là, da quel dossier «giustizia» di cui si parla tanto tra gli ambasciatori di Pd e Forza Italia. 
 Toti, che cosa vuol dire discutere sulla giustizia «in modo serio»? 
 «Separazione delle carriere dei giudici, con l’istituzione di un doppio consiglio superiore, uno per chi giudica l’altro per chi indaga. Poi, limitazione all’uso della carcerazione preventiva. E ancora, fermare i continui abusi sulle intercettazioni. Ribadisco, se Renzi vuole mettere mano a una riforma seria della giustizia, Forza Italia è già pronta. Abbiamo detto mille volte che, se si fanno le cose seriamente e non si stravolgono le riforme nel chiuso di una stanza, noi siamo un’opposizione responsabile». 
 Secondo lei, il governo Renzi rischia di non arrivare all’anno prossimo, come sostiene Salvini? 
 «Lo vedo molto traballante in Senato. E credo che anche Renzi stia iniziando a fare i conti con questa realtà. Detto questo, non è soltanto una questione di numeri. Riforme come quelle della costituzione, come la legge elettorale, e anche come quella della giustizia, non le puoi fare raccattando consensi nel bidone del peggior trasformismo della Prima Repubblica…». 
 Si riferisce al soccorso dei verdiniani? 
 «Mi riferisco al fatto che Renzi non può ergersi a uomo nuovo e poi fare come nelle peggiori democrazie. Che ha fatto finora il premier in Senato? Ha litigato con la sinistra del suo partito e ha provato a blindarsi con numeri che gli arrivano dai peggiori trasformisti all’italiana. Questa è la realtà». 
 L’attacco della Chiesa sull’immigrazione è una spia della debolezza del governo? 
 «Su questo ho altre idee…». 
 Anche lei, come Salvini, pensa che il capo dei vescovi Galantino sia un «comunista»? 
 «Se è comunista non lo so. Dico però che se si fosse risparmiato le uscite infelici avrebbe fatto il bene di tutti». 
 Quindi, nello scontro Chiesa-governo, lei difende governo? 
 «No. Gliela spiego così. La Chiesa deve fare la Chiesa lasciando che la politica faccia la politica. Sono due mestieri diversi. La prima è un’eccellenza morale, la seconda rappresenta l’arte del possibile». 
 E qual è «il possibile» sull’immigrazione? 
 «Controllo dei flussi migratori, protezione delle frontiere, espulsioni dei clandestini. Mi spiega perché ricette adottate nelle democrazie più apprezzate da noi debbano essere bollate come xenofobe? Mi spiega perché paesi come l’Australia e gli Stati Uniti si muovono seguendo queste direttrici e noi no? Salvini, sul punto, ha ragione. E a Galantino dico un’altra cosa. Se San Martino, invece che in due, avesse diviso il suo mantello in mille brandelli, non solo non avrebbe salvato mille persone dal freddo. Ma sarebbero morti anche lui e l’altro». 
 Quindi? 
 «Quindi va bene, anzi benissimo, la carità della Chiesa. Ma la politica ha un altro compito. Deve saperla legare alla concretezza, al massimo di quello che si può fare. E noi, come Italia, abbiamo un problema grosso con risorse molto scarse per fronteggiarlo». 
 Non dica che anche lei vede nell’attacco della Chiesa lo stesso canovaccio di quando i vescovi presero di mira l’allora governo Berlusconi. 
 «Non lo so, lascerei perdere mani e manine. E concentriamoci sulla realtà». 


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