venerdì 21 agosto 2015

Il Fisco nuovo fronte della minoranza dem. L’obiettivo di uscire dal «ghetto» delle riforme.


Corriere della Sera 21/08/15
Alessandro Trocino
«Sulle riforme non molleranno. La verità è che la sinistra pd vuole mandare a casa questo governo e qualunque tentativo di mediazione fallirà. Per questo continuano ad aprire nuovi fronti: la scuola, la Rai, il Sud e ora le tasse». Un autorevole dirigente renziano reagisce così dopo aver letto la paginata di Roberto Speranza sul Fisco, pubblicata da il Foglio . Ma davvero non ci sono più spazi di mediazione sulle riforme? Luciano Violante, sul Corriere di ieri, ha lanciato alcune idee, riprese da Cesare Damiano, esponente dell’opposizione dialogante con la maggioranza: «Sono d’accordo con Violante: i senatori dovrebbero essere eletti dai consigli regionali. E forse questo suggerimento è l’uovo di Colombo: si può ripartire da qui per una mediazione nel partito e per concludere le riforme». 
 Speranza redige un articolato decalogo sul Fisco, quasi un programma di governo. Dice sì al taglio delle imposte, ma aggiunge alcuni paletti: progressività, autonomia impositiva, priorità ai redditi più bassi, lotta all’evasione. Il lancio è stato preparato con cura e seguito dalle note d’agenzia di Nico Stumpo, Enza Bruno Bossio, Danilo Leva e Davide Zoggia. Antipasto di un prossimo attacco, che verterà sul Mezzogiorno. Federico Fornaro si sofferma sull’Imu: «L’abolizione è sempre stato un discrimine tra destra e sinistra. Ci ritroviamo ora con Renzi che riprende in mano un cavallo di battaglia berlusconiano. Ma la cancellazione tout court è sbagliata». 
 C’è chi vede l’uscita sul Fisco come un modo per lanciare una trattativa parallela, chiedendo misure di sinistra per ammorbidire la battaglia in corso sulle riforme. Dalla minoranza accreditano una tesi diversa. L’obiettivo, sostengono, è quello di «uscire dal teatrino che ha messo in piedi Renzi, di noi che vogliamo andare alle elezioni». «Sentivamo l’urgenza — spiega Fornaro — di spostare l’attenzione anche sul tema economico». Cioè, sfidare Renzi su argomenti concreti, sui quali è sensibile l’elettorato di sinistra: un tentativo, per la minoranza pd, di uscire dall’angolo. 
 Angolo nel quale si è messa da sola, sostiene Piero Fassino in un’intervista a l’Unità : «La minoranza si è rinchiusa in un ghetto». Miguel Gotor non condivide: «Sono restato basito e interdetto. Fassino fa cattiva propaganda». Secondo il senatore, c’è un accordo su quasi tutto: «Non è vero che siamo contrari alle riforme. Siamo d’accordo sul superamento del bicameralismo perfetto; sulla riduzione dei senatori da 315 a 100; sul fatto che il prossimo Senato sia delle autonomie; sulla necessità di intervenire sul Titolo V». Resta il nodo dell’elettività: «Uno può prenderlo a pretesto per fare la guerra atomica o, come sarebbe più saggio, isolarlo per confrontarsi nel merito. Quei 100 senatori devono essere eletti direttamente perché l’Italicum produrrà una Camera politica a maggioranza di nominati». 
 D’accordo, ma se ci si scontra sull’elettività, cade la riforma intera: «Per questo — spiega Gotor — consigliamo di non porre una questione di fiducia su questo tema: meglio tenere separate le due cose». Ettore Rosato, capogruppo alla Camera: «Nel nostro dna c’è il dialogo. Anche sul Fisco. Però ci sono punti fermi: per esempio, sulla cancellazione dell’Imu sulla prima casa». E sulle riforme? «Su tutto quello su cui non si è deciso con doppia lettura conforme si può ragionare, senza veti da parte di nessuno. Ma sulla non elettività dei senatori abbiamo già deciso: e non si torna indietro».

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