mercoledì 19 agosto 2015

Libia, la Lega araba divisa Intervento militare rinviato. E l’Isis continua ad avanzare.


Corriere della Sera 19/08/15
Lorenzo Cremonesi
Libia, ancora rinvii. Si conclude con un nulla di fatto la riunione straordinaria della Lega araba al Cairo, che doveva discutere una strategia comune contro la diffusione di Isis a quattro anni dalla defenestrazione del regime di Gheddafi. Ieri per un attimo i riflettori si sono accesi sulla capitale egiziana. In cantiere c’era l’ipotesi della costituzione di una «forza militare araba» destinata a combattere le milizie del Califfato, che negli ultimi giorni hanno conquistato con minacce e violenze larga parte della zona urbana di Sirte, nel mezzo della regione costiera libica ed ex roccaforte della dittatura del Colonnello. Ma alla fine sono tornate a prevalere le divisioni interne e i temporeggiamenti. Fumose promesse e nulla di fatto. «C’è urgente bisogno di una strategia araba contro il terrorismo e la sua diffusione sul territorio», si legge nel comunicato conclusivo. Dove però non è specificata alcuna azione concreta. Se non la promessa di una nuova riunione il 27 agosto, ancora alla sede centrale della Lega al Cairo. 
 «Nulla di strano. Vince l’impotenza. Da sempre la Lega araba non decide nulla e fa nulla. In Libia arriva l'Isis e loro guardano all’altra parte», tuonano da Tripoli e Tobruk i media e i social network. La disillusione sui siti libici è palpabile. Nasce tra l’altro dalla consapevolezza delle profonde divisioni cresciute nel mondo arabo. Con una parte delle monarchie del Golfo e l’Arabia Saudita poco favorevoli a un’azione muscolare contro l’Isis (visto comunque come un alleato nella lotta contro gli sciiti schierati con l’Iran). E invece il fronte facente capo all’Egitto già impegnato a sostenere militarmente il governo di Tobruk e il suo ministro della Difesa, il generale Khalifa Haftar, contro gli estremisti islamici e i nuovi volontari del Califfato. Le conseguenze sono così riemerse evidenti ieri. A poco sono serviti gli appelli del ministro degli Esteri del Parlamento di Tobruk, Mohamed Al-Dayri, il quale di fronte ai rappresentanti dei «Paesi fratelli» ha ripetutamente chiesto «aiuti militari immediati». «La nostra aviazione dispone al momento di soli due aerei in grado di combattere. Uno a Derna e l’altro a Bengasi. A Sirte siamo fortemente limitati», ha specificato. Va però aggiunto che anche i due governi a Tobruk e Tripoli restano radicalmente lontani. Nonostante la paziente mediazione per la creazione di un governo di unità nazionale dell’inviato delle Nazioni Unite, il diplomatico europeo Bernardino León, la Libia continua a essere dominata dall’anarchia e dalla totale assenza di un’autorità centrale. Da Sirte giungono nel frattempo notizie drammatiche. Nelle ultime 48 ore le milizie dell'Isis sono infatti riuscite a conquistare il «quartiere numero tre», che era conteso da diverse settimane. In questo modo si sono impadronite di una trentina di chilometri di costa che comprende tra l’altro la zona portuale. Sono segnalati oltre 2.000 profughi. Una parte sono fuggiti verso la cittadina di Marj, oltre Bengasi e all’inizio della zona montagnosa della Cirenaica dove sono attestate le truppe del generale Haftar. Altri hanno invece raggiunto Misurata. Si calcola che al momento oltre il 70 per cento di Sirte sia sotto controllo dei jihadisti. Fonti locali riportano la devastazione del palazzo del tribunale, dove, come avvenuto anche in Siria e Iraq, l'Isis ha immediatamente approntato «corti islamiche». I suoi dirigenti starebbero inoltre già imponendo nuovi programmi nelle scuole, con la netta divisione tra maschi e femmine.

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