Corriere della Sera 14/08/15
Dino Martirano
Anche se il nuovo accordo tra Renzi e
Berlusconi è ancora da scrivere, Forza Italia confinata
all’opposizione e orfana del patto del Nazareno non ha mai mollato
l’osso della trattativa sui temi della Giustizia con la
maggioranza. E da ieri gli azzurri che sognano di contare sui temi
caldi della giustizia hanno un elemento in più cui appigliarsi: è
fresca di inchiostro, infatti, la firma del ministro Andrea Orlando
in calce al decreto che istituisce la commissione incaricata di
riscrivere la legge elettorale del Consiglio superiore della
magistratura e di rendere più autonoma la commissione disciplinare
che giudica i magistrati. Fin qui, tuttavia, il partito di Berlusconi
è rimasto a bocca asciutta (fatta eccezione per la responsabilità
civile dei magistrati), dovendo pure ingoiare un rospo con il ddl
anticorruzione (sull’efficacia del nuovo reato di falso in
bilancio, però, sì è poi sviluppato ampio dibattito tra i
giuristi) e sulla delega fiscale. Ma ora, al tornante della
legislatura, sulla tavola che il Cavaliere potrebbe apparecchiare per
il premier ci sono piatti molto elaborati: limiti all’utilizzo
delle intercettazioni, prescrizione, custodia cautelare, riforma
radicale del Csm e, dulcis in fundo, ma questo non viene urlato,
modifica della legge Severino che impone a Berlusconi (dopo la
condanna per frode fiscale e la decadenza da senatore) sei anni di
panchina sul campo della politica.
Csm e organizzazione
Orlando
ha preso in visione per la firma il decreto per istituire una
commissione che dovrà confezionare la nuova legge elettorale del Csm
(per arginare l’influenza delle correnti dell’Anm) e la riforma
della commissione disciplinare: «Chi giudica non nomina, chi nomina
non giudica...», secondo lo slogan coniato da Renzi un anno fa
quando il consiglio dei ministri affrontò il nodo. A FI tutto questo
piace (anche se la commissione verrà presieduta dall’ex
Guardasigilli Luigi Scotti, un magistrato poco incline agli inciuci)
ma l’obiettivo di Berlusconi di ottenere la separazione delle
funzioni tra giudici e pm, con la creazione di due Csm, è fuori da
ogni programma di governo e dello stesso Consiglio superiore,
presieduto dal capo dello Stato, che sta elaborando una sua
«autoriforma». Sull’organizzazione giudiziaria, quella
«rivoluzionata» dal leghista Castelli e poi dal dc Mastella,
un’altra commissione ministeriale è stata assegnata alle cure di
Michele Vietti, centrista, ex vice presidente del Csm, con l’innesto
di magistrati di rango come Natoli, Castelli, Birritteri, Anna Maria
Tosto, Pina Casella e il costituzionalista Luciani.
Le
intercettazioni
A settembre ripartono in aula alla Camera le
votazioni sulla delega penale nella cui pancia viaggia un articolo
che limita, con l’udienza filtro, la mole di intercettazioni che si
possono allegare agli atti poi pubblicabili. I presupposti
investigativi delle intercettazioni non sono compresi nella delega
che invece prevede una norma (emendamento Russomando, Pd) finalizzata
a stabilire tempi obbligati per i pm (tre mesi al massimo) tra la
chiusura indagini e la richiesta di rinvio a giudizio o di
archiviazione.
La custodia cautelare
Dopo una riforma di segno
garantista già varata dalla maggioranza, FI può trovare un solido
alleato nel Ncd di Alfano che ha ripresentato alla Camera
l’emendamento Pagano al ddl penale con l’obiettivo di far
scattare l’azione disciplinare per i magistrati che determinano una
ingiusta detenzione. Su questo fronte è molto impegnato il vice
ministro Enrico Costa (Ncd).
La prescrizione
La legge è da
mesi al palo al Senato affidata alla trattativa tra Rosaria
Capacchione (Pd) e Nico D’Ascola (Ncd). In commissione, comunque,
vigilano Francesco Nitto Palma e Giacomo Caliendo. Di Forza Italia.
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