Corriere della Sera 09/08/15
Dino Nartirano
Tra i senatori eletti «dai» consigli
regionali (testo ddl Renzi-Boschi) e i senatori «eletti dai
cittadini su base regionale in concomitanza con l’elezione dei
consigli regionali» (emendamenti minoranza pd), c’è una terza via
che a settembre è destinata a prendere forma con un emendamento
della relatrice Anna Finocchiaro. È un ibrido, un’«elezione
semidiretta»: «Un punto di incontro a metà strada per non farsi
male a vicenda», secondo una simmetria del sottosegretario Luciano
Pizzetti. Un compromesso, insomma. Che consentirebbe al governo di
non arretrare su posizioni troppo remote mentre i 30-31 dissidenti
dem potrebbero avanzare sì di qualche metro ma non strappare il
suffragio universale per il nuovo Senato.
Tra i due estremi,
elezione di 2° grado ed elezione diretta, salta fuori allora il
«listino bloccato a scorrimento» che consente al cittadino di
«concorrere» nella scelta dei consiglieri regionali destinati ad
entrare nel nuovo Senato dei 100. In pratica, quando l’elettore
voterà per il consiglio regionale troverà sulla scheda i nomi già
stampati dei candidati che, se eletti nell’ente territoriale,
andranno a far parte del Senato. Se il primo del «listino» non ce
la fa, scatta il secondo e così via. Fermo restando che l’ordine
di partenza lo stabiliscono i segretari dei partiti.
La formula
del compromesso ha molti ispiratori. La presidente Finocchiaro, il
capogruppo Luigi Zanda, il sottosegretario Luciano Pizzetti e il
ministro Maurizio Martina, Gaetano Quagliariello di Ncd. Tutti nella
veste di «pontieri» che non hanno mai chiuso il dialogo con la
minoranza dem a patto che non fosse messa in discussione la
«connessione» tra la figura del consigliere regionale e quella di
senatore dell’assemblea delle autonomie territoriale.
Per non
correre il rischio di dover modificare l’articolo 2 del ddl
Boschi-Renzi (quello che stabilisce la composizione e l’elezione
del Senato), i fautori del «listino» pensano di aggirare l’ostacolo
introducendo nell’articolo 10 della legge costituzionale (il
procedimento legislativo) un principio secondo il quale sarà la
legge ordinaria a stabilire poi come farà nel dettaglio il cittadino
a «concorrere» nella scelta dei consiglieri regionali degni di
varcare il portone di Palazzo Madama.
L’«elezione
semidiretta», che bolle in pentola da tempo, non piace alla
minoranza dem: «Sul Senato elettivo si scelga la via maestra e non
inutili scorciatoie», avverte Federico Fornaro. Mentre Miguel Gotor
spiega che «così i senatori saranno indicati dai segretari
rafforzando la tendenza dell’Italicum che consentirà a chi vince
il premio di maggioranza di eleggere anche organi di garanzia come il
presidente della Repubblica e i giudici costituzionali». Pure Nicola
Morra (M5S) respinge l’elezione semidiretta.
Invece, la
proposta Zanda-Finocchiaro si incastra con il lodo Quagliariello
(Ncd) e non fa a cazzotti con gli emendamenti di FI e della senatrice
Cinzia Bonfrisco (Progressisti riformatori). Dice l’azzurro Lucio
Malan: «Siamo aperti a varie soluzioni».
Ma il nuovo lodo non
spazza via il rischio di un voto sull’articolo 2 concesso in Aula
che potrebbe unire la «strana maggioranza» pronta a minare la linea
Boschi-Renzi. Intanto, sono oltre 150 i dipendenti del Senato che
hanno rinunciato alle ferie per occuparsi degli emendamenti. Il
presidente Piero Grasso li ha ringraziati.
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