MICHELE FUSCO
17 agosto 2015
Incuriosiscono i tre giorni del condor
Salvini, che a novembre promette di bloccare l’Italia «per mandare
a casa Renzi». Si smetterà di consumare, urlacchia il ‘felpato’
Matteo, «inviteremo a non acquistare i prodotti che finanziano lo
Stato», si richiama alle Cinque giornate di Milano, e guardando
meglio è proprio un attacco diretto al cuore dei nostri peccati,
alle centrali del vizio collettivo, paradossalmente monche di una
parte fondamentale, perché se l’ordine perentorio del leader
leghista è quello di smettere di fumare, svapare e giocare alle
macchinette mangiasoldi per ben 72 ore, visto che un bel tot finisce
nella tasche di Padoan, nulla si potrà fare – con gran sospirone
di sollievo legaiolo – contro la consumazione folle e senza sosta
dell’amor mercenario, dal momento che è ancora totalmente
extra-gettito statale, insomma s’andrà a puttane in quei tre
giorni con gran soddisfazione molto più che nella normalità, visto
che non si gioca e non si fuma e di non tassato dunque resta solo il
sesso da strada, postribolo, o salotto damascato. E questo sarebbe
già il primo fallimento di quel ‘patacca’ del Salvini, che sulla
prostituzione insiste da tempo che le signorine contribuiscano al
bilancio dello stato e che invece stavolta dovrà lasciare briglia
sciolta al popolo leghista di battere in lungo e in largo la
provincia lombarda più viziosa.
Del resto, quello della prostituzione
dev’essere un tarlo di famiglia, e forse qualcosa d’inconscio
vorrà pur significare, se un certo numero di anni fa il sindaco
leghista di Milano che era Marco Formentini decise che doveva finire
quello scempio cittadino e per farlo finire escogitò un espediente
scassaquindici: fotografare il puttaniere in avvicinamento alla
signorina e poi mandare a casa tanto di verbale per sosta “equivoca”,
in modo che le mogli potessero essere civicamente avvertite di quella
simpatica attitudine proprio dal Comune. Quando si dice le
istituzioni vicine al cittadino.
Ma insomma, è difficile star seri e
imporsi una riflessione conseguente quando Matteo Salvini se ne
esce con le sue sparate e questa dei tre giorni di “secca”
statale è certamente una delle più suggestive. Gli va dato lo
spazio che merita, per carità, pensando anche che in quei tre giorni
lavorativi la gente avrà un sacco da fare, andrà e tornerà dal
lavoro, farà le fila in metropolitana, le madri porteranno la croce
del triplo lavoro, quello regolare d’ufficio con appendici varie,
dai pannolini da cambiare a spentolare per mariti fancazzisti
spalmati sul divano davanti alla televisione, ci saranno code
straordinarie sul raccordo anulare di Roma, a Milano magari pioverà
da bestia in quei tre giorni del condor e le persone al solo nome
Salvini allungheranno il passo. Perché la capacità di spostare
persone in numero ragguardevole, modificare le loro abitudini,
pretendere ch’esse si facciano subalterne rispetto ai diversivi
della politica, beh questa è attitudine celeste e per riempire uno,
due, dieci, mille San Siro ci vuole ben altro che lo scioperello
contro lo stato, tanto poi il fumatore se le ruberà di nascosto le
siga.
Ovviamente, l’organizzazione leghista
farà il suo e come già i sindacati porterà prove tangibili di
un successo planetario dell’operazione. Diffidatene opportunamente,
in quei tre giorni l’Italia se ne fotterà generosamente di Salvini
e dei suoi capricci occupandosi d’altro. È un fatto che quando si
esce dall’argomento migranti, un must decisamente salviniano che
sta rendendo più del suo effettivo valore, le bubbole del leghismo
vengono generosamente in superficie per quello che sono. Non hanno
struttura, nè tanto meno potrebbero essere definite situazioniste,
mancando di visione e di fantasia. Ma l’uomo Salvini non pretende
di sorprendere culturalmente, come monsignor Galantino ha già avuto
modo di verificare. Intende solleticare le nostre disposizioni
d’animo più liquidatorie, vuole rassicurarci sul fatto d’essere
l’unico in Italia che non calerà mai le braghe di fronte al
fenomeno degli sbarchi, ci chiede di venire al suo livello, di fare
questo sforzo pur essendo magari un po” più sofisticati di lui. Ci
dice di abbandonare il nostro stile, che ci vorrebbe solidali per
convenzione più che per convinzione, almeno per un po’ di tempo,
che farà lui il lavoro sporco per noi, che la nostra coscienza non
dovrà rimordere. Ci chiede semplicemente di non essere noi. O
finalmente di esserlo consapevolmente.
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