Corriere della Sera 04/08/15
Simona Ravuzza
Meno ticket da pagare per curarci.
Ospedali in grado di funzionare grazie a manager capaci di guidarli
(e non messi lì per la tessera di partito). Soldi sottratti alla
corruzione e spesi per migliorare la vita dei malati. Bambini in
gravi condizioni non più costretti a rivolgersi al Gaslini di Genova
o al Meyer di Firenze perché Milano ancora non è in grado di
occuparsene. Sono esempi che ci consentono di capire quanto la
riforma della Sanità, che debutterà domani in Aula al Pirellone e —
salvo colpi di scena — sarà approvata in settimana, faccia
promesse che toccano tutti da vicino. Sani o malati. Se oggi possiamo
curarci anche all’Humanitas o allo Ieo, ospedali privati ma
accreditati con il servizio sanitario, è grazie alla riforma che
fece ormai vent’anni fa l’ex governatore Roberto Formigoni. Un
modello rivoluzionario che però ha dimostrato tutti i suoi limiti
con le inchieste per corruzione e che adesso viene modificato. Al di
là delle sigle — le Ats che prenderanno il posto delle Asl e le
Asst che si sostituiranno alle aziende ospedaliere — il tentativo è
di lasciare il cittadino meno solo nella scelta di dove curarsi. È
il motivo per cui saranno messe sotto lo stesso cappello le cure
ospedaliere e quelle territoriali: ancora troppo spesso accade che un
cittadino, una volta dimesso dall’ospedale, non sappia dove
continuare le terapie vicino a casa. Grazie all’intervento di Pd,
Movimento 5 Stelle e Patto Civico, con ogni probabilità, ci sarà
una rimodulazione del ticket in base al reddito in modo da aiutare
chi oggi rinuncia agli esami medici perché non può pagarli. Infine,
sarà introdotto più merito nelle nomine dei manager e più
trasparenza nei controlli contro gli scandali giudiziari. Il problema
è che sono tutti principi condivisibili, ma per ora solo sulla
carta. L’applicazione concreta dipenderà dalla politica, in questo
caso dal centrodestra visto che è alla guida della Regione con il
governatore Roberto Maroni. Una coalizione di maggioranza che però
fin qui ha dimostrato di essere più che mai litigiosa. Con uno
scontro che non è stato tanto sulle idee, quanto sulla difesa da
parte di ognuno del proprio orto politico, bacino di voti preziosi.
Così la vera sfida comincia adesso. Sarà fondamentale la scelta
degli uomini chiamati ad applicare la riforma e, in primis, quella
dell’assessore al Welfare che riunirà in una poltrona pesantissima
le competenze oggi divise tra Sanità e Politiche sociali. Una figura
che non dovrà essere scelta con il manuale Cencelli, ma per capacità
e visione. Altrimenti tutto cambia per non cambiare nulla.
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