Corriere della Sera 17/08/15
Monsignor Nunzio Galantino
Quando, a nome della Fondazione
Trentina Alcide De Gasperi, il prof. Giuseppe Tognon mi ha proposto
la lectio su De Gasperi sono subito stato tentato di rispondere di
no; mi ha trattenuto dal rifiutare il pensiero che non è mai giusto
sprecare occasioni di confronto e di riflessione, specie in un tempo
come il nostro, tutt’altro che incline al confronto e alla
riflessione; non mi dispiaceva nemmeno il desiderio di poter rendere
onore, come figlio di un antico militante democristiano nella terra
di Giuseppe Di Vittorio e come vescovo, a un cristiano così libero e
coraggioso come è stato Alcide De Gasperi. Vi chiedo di accogliere
con benevolenza, sotto il nome di De Gasperi, le cose che porto nel
cuore e che spero possano aiutarci a recuperare fiducia nella fede e
nella politica, che è quello di cui parlerò oggi. Abbiamo bisogno
di entrambe, sempre di più. Senza politica si muore. Le società si
disgregherebbero e la prepotenza umana dilagherebbe. Nessuno ha
inventato ancora un sostituto delle istituzioni politiche, del
diritto, della democrazia. Le società hanno bisogno di essere
governate; da cristiani e da cittadini consapevoli, dobbiamo
aggiungere che dovrebbero essere governate prima di tutto secondo
giustizia .
Le istituzioni
La Ricostruzione degasperiana rimane un
modello perché De Gasperi l’ha ancorata intorno a tre cardini. Il
primo cardine è il rispetto delle Istituzioni e, in particolare, del
Parlamento. Basterebbe riprendere in mano quanto disse in questa
stessa circostanza ormai dieci anni fa Leopoldo Elia, intervenendo su
Alcide De Gasperi e l’Assemblea Costituente, per trovarvi spunti ed
elementi al riguardo. De Gasperi fu segretario di partito e poi
presidente del Consiglio per otto anni, ma tutte le scelte
fondamentali della sua politica interna e internazionale sono state
elaborate dai partiti all’interno del Parlamento, nel rispetto più
assoluto delle regole e con un faticoso quanto meticoloso lavoro
politico svolto in profondità. Ciò ha comportato non poche
difficoltà nel gestire sia le coalizioni di governo sia le diverse e
vitali correnti di partito, ma mai De Gasperi ha ceduto alla
tentazione di coartare il Parlamento, che era la sede in cui egli
pretendeva il rispetto e in cui poteva riconoscere alle opposizioni
il ruolo che meritavano. De Gasperi è un modello. Una politica senza
memoria, che pretenda di ricominciare da zero, non ha futuro e
rischia, nel migliore dei casi, di essere velleitaria. La politica,
come le Istituzioni che ne sono il fondamento, ha bisogno di tempi e
di spazi di manovra, soprattutto in democrazia, dove l’equilibrio
tra i poteri non può ridursi al rispetto formale di regole. La
democrazia non è soltanto una forma di governo, ma la condizione
necessaria per esercitare in positivo le libertà individuali, civili
e sociali. La democrazia è un metodo di vita, un’aspirazione al
riconoscimento della dignità delle persone e dei popoli.
Il bene comune
Il secondo cardine è quello
dell’ispirazione ideale della politica e della religione al bene
comune. La politica come ordine supremo della carità: questa io
credo dovrebbe essere la grande avventura per chi ne sente la
missione. A questo penso si riferisse Paolo VI quando parlava della
politica come della «forma più alta della carità». Credetemi, è
questo che mi ha spinto a essere fin troppo chiaro (qualcuno ha
scritto «rude») negli interventi di questi ultimi giorni — almeno
quelli non inventati — sui drammi dei profughi e dei rifugiati:
nessun politico dovrebbe mai cercare voti sulla pelle degli altri e
nessun problema sociale di mancanza di lavoro e di paura per il
futuro può far venir meno la pietà, la carità e la pazienza.
L’Europa che De Gasperi ha contribuito a fondare era più generosa
di quella di oggi e i suoi capi politici farebbero bene a ricordarsi
da dove gli europei sono venuti e dopo quali terribili prove.
L’Europa non può diventare una maledizione; è un progetto
politico indispensabile per il mondo, a cui la Chiesa guarda con
trepidazione, come un esempio, un dono del Signore.
La laicità
Il terzo cardine è quello della
laicità, tema che ancora infiamma il dibattito in Europa e nei Paesi
democratici, alle prese da un lato con fenomeni terribili di
fanatismo e d’intolleranza e, dall’altro, con uno smarrimento
generale di valori, una mancanza di virtù che è più insidiosa di
ogni laicismo. La pazienza di De Gasperi e il suo coraggio nella
ricostruzione politica, economica e civile dell’Italia sconfitta fu
il miglior regalo alla storia del cattolicesimo politico italiano:
portare la Chiesa a confrontarsi con la democrazia e fare dei
cattolici italiani il pilastro di quest’ultima. L’Italia, con De
Gasperi, passò da essere «il giardino del Papa» a uno dei Paesi
fondatori dell’Europa unita.
Chi sono oggi gli eredi di De
Gasperi?. Un anno fa, a Trento per ricevere il premio internazionale
De Gasperi, Romano Prodi rispose in questo modo che faccio mio: «La
risposta non va cercata solo in un singolo individuo ma nella forza
delle idee. Alle quali si deve aggiungere la particolare capacità
che un politico per essere qualificato come statista deve possedere:
dire la verità alla propria gente; avere una visione coerente e
competente della realtà; avere il senso supremo della
responsabilità, al di là della propria convenienza di parte e della
propria prospettiva personale; non vivere per se stesso, ma per una
prospettiva comune. Un popolo non è soltanto un gregge, da guidare e
da tosare: il popolo è il soggetto più nobile della democrazia e va
servito con intelligenza e impegno, perché ha bisogno di
riconoscersi in una guida. Da solo sbanda e i populismi sono un
crimine di lesa maestà di pochi capi spregiudicati nei confronti di
un popolo che freme e che chiede di essere portato a comprendere
meglio la complessità dei passaggi della storia. Il significato
della guida in politica non è tramontato dietro la cortina fumogena
di leadership mediatiche o dietro le oligarchie segrete dei soliti
poteri. La politica ha bisogno di capi, così come la Chiesa ha
bisogno di vescovi che, come ha detto papa Giovanni siano «una
fontana pubblica, a cui tutti possono dissetarsi». Tra le luci della
ribalta e il buio delle mafie e delle camorre non c’è solo il
deserto: la nostra terra di mezzo è un’alta vita civile, che è la
nostra patria di uomini liberi e che, come tale, attende il nostro
contributo appassionato e solidale.
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