lunedì 3 agosto 2015

E' etico evitare gli sprechi. Perché dico sì ai tagli sanitari.


Corriere della Sera 03/08/15
Giuseppe Remuzzi
La spending review può essere l’occasione per rilanciare il Servizio sanitario nazionale partendo dall’etica di evitare gli sprechi: certi servizi vanno ridotti e certi altri potenziati. 
 I l decreto legge appena approvato in Senato prevede altri dieci miliardi di tagli in tre anni sulla salute. Il Ministro Beatrice Lorenzin questa volta è ottimista, «è per salvare la sostenibilità del Ssn», ma medici e governatori sono contro: “Se si continua così salta il sistema della sanità pubblica”». Chi ha ragione? Vediamo. Il Servizio Sanitario nazionale lo hanno inventato gli inglesi, noi con la legge 883 del 1978 l’abbiamo fatto nostro. Quel giorno, con quella legge, l’Italia ha compiuto un atto di grande civiltà e si è portata ai vertici della classifica della buona sanità. A noi sembra normale che se uno è malato possa avere un trapianto di cuore o di fegato e le cure più avanzate per il cancro senza spendere un euro. In molte parti del mondo non è così; avere qualcuno di malato in famiglia significa perdere tutto e indebitarsi. Nonostante gli sforzi di Hillary Clinton prima e di Obama adesso, è così anche negli Stati Uniti. Ancora oggi chi non è abbastanza ricco da pagarsi un’assicurazione privata e nemmeno così povero da ricevere aiuti dallo Stato non ha di che curarsi, ma Howard Brody, che è professore di medicina nel Texas una ricetta ce l’ha. Lui sostiene che quello che si spende in interventi che non portano alcun beneficio agli ammalati arriva al 30 percento del budget e «basterebbe evitare esami e interventi inutili per dare a tutti tutto quello che serve» anche negli Stati Uniti. L’articolo è nel New England Journal of Medicine, gli hanno messo un titolo bellissimo «Dall’etica dei tagli all’etica di evitare gli sprechi». Ma i medici criticano, anche là: «Noi dobbiamo curare non far quadrare i conti, se si spende troppo, pazienza». «No — scrive Brody — questo ragionamento non sta in piedi, se per dare tutto a tutti dovessimo esaurire le risorse, non ci sarebbe più niente per nessuno». E poi quello che non serve può far male; un esame del sangue fatto per niente genera altri esami e raggi e persino interventi chirurgici, tutto questo può portare a complicazioni che poi generano altri accertamenti e altre spese. «L’etica di evitare gli sprechi» deve essere un imperativo morale per tutti — continua Brody — anche per i cittadini». Da noi la spending review può essere l’occasione per rilanciare il Ssn partendo proprio dall’etica di evitare gli sprechi. Non possiamo permetterci interventi di nessun tipo per cui non ci sia nella letteratura medica evidenza di efficacia. Molti dei nuovi farmaci antitumorali hanno costi elevati, anche 60.000 euro per ciclo di cura. Ma i benefici sono quasi sempre modesti. Vanno prescritti? E’ meglio qualche settimana di vita in più fra grandi sofferenze o usare una piccola parte di quei soldi lì per garantire a chi è malato di essere assistito a casa sua? E ancora, è venuto il momento di chiudere davvero i piccoli ospedali e quelli che non servono. Ma non qualcuno, tutti. L’hanno fatto in tante parti del mondo e non è successo niente. Certo non si può tagliare e basta se in una certa Regione chiudiamo 50 ospedali dovremmo dare più risorse a quelli che restano. «To reduce cost, the best approach is often to spend more on some services to reduce the need of others» — scriveva qualche tempo fa Michael Porter sul New England Journal of Medicine — insomma per ridurre i costi certi servizi vanno ridotti e certi altri potenziati. L’etica di evitare gli sprechi è anche questo. «Niente tagli lineari» ha promesso il Ministro, appunto. Certi medici pensano che l’attenzione a quanto si spende sia in contrasto con l’etica professionale. Non è così, sono due facce della stessa medaglia; e affrontare il problema dei costi non incrina affatto il rapporto con gli ammalati, tutt’altro, certo bisogna saperci spiegare. Quello che si può fare oggi in medicina è praticamente illimitato ma nessun Sistema Sanitario al mondo può dare tutto a tutti, bisogna fare delle scelte. Vuol dire confrontarsi ogni giorno con l’enorme mole di conoscenze della letteratura medica; è questo che aiuta a distinguere cosa serve realmente agli ammalati, di che cosa si può fare a meno e cosa invece per quanto nuovo o sofisticato non serve affatto. E se per un certo problema non ci sono dati in letteratura bisogna saperli produrre (anche negli ospedali). Come fare in pratica? Servono formazione e ricerca e coinvolgere medici e infermieri e tutti gli altri operatori in grandi progetti di ricerca. «I risparmi (della spending review, ndr) verranno assegnati alla ricerca» ha detto in questi giorni il Ministro Lorenzin. Impeccabile, noi la prendiamo in parola. 
 


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