giovedì 20 agosto 2015

Non dobbiamo dimenticare il guardiano di Palmira.


Corriere della Sera 20/08/15
Antonio Ferrari
A tutti coloro che in odio al regime di Damasco ritengono improprio «criminalizzare» lo Stato Islamico, è giusto chiedere ragione anche della feroce esecuzione di uno studioso di 82 anni, archeologo noto in tutto il mondo, colpevole di aver protetto fino all’estremo sacrificio uno dei più preziosi patrimoni dell’Umanità. Il professor Khaled Asaad (leggere il cognome per escludere parentele con il presidente Assad), per mezzo secolo capo del sito archeologico di Palmira, aveva avuto sentore ben prima del 21 maggio scorso dei piani dell’Isis di conquistare e distruggere il cuore dell’antica città romana. 
 Ecco perché, con il solo aiuto di qualche giovane collaboratore, Asaad aveva deciso di mettere in salvo, e di nascondere in un luogo sicuro, centinaia di statue. Che altrimenti sarebbero diventate preda dei terroristi dell’Isis. Il professore non era un guerriero, tantomeno un resistente politico, ma soltanto uno scienziato mite, saggio, moderato, poco incline ad accettare logiche conflittuali. Su un punto, però, non avrebbe mai ceduto, a costo della vita: abbandonare alla devastazione più atroce Palmira, alla quale aveva dedicato mezzo secolo della sua vita. Ricevendoy riconoscimenti e attestati dagli archeologi di tutto il mondo. Per l’Isis, invece, era il nemico. I tagliagole l’hanno arrestato, interrogato, torturato per oltre un mese. Volevano costringerlo a rivelare dove avesse portato le statue che erano state rimosse. Non ha aperto bocca. Lo hanno decapitato sulla piazza di Palmira, davanti alla folla. Poi hanno appeso il corpo devastato a una colonna. 
 Vorremmo che Khaled Asaad, vero eroe del nostro tempo, fosse ricordato per sempre dall’Onu e da tutte le sue articolazioni umanitarie e culturali. Suggeriamo a Gariwo, la foresta dei giusti, di pensare a un albero col suo nome sul Montestella di Milano.

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