Corriere della Sera 20/08/15
Antonio Ferrari
A tutti coloro che in odio al regime di
Damasco ritengono improprio «criminalizzare» lo Stato Islamico, è
giusto chiedere ragione anche della feroce esecuzione di uno studioso
di 82 anni, archeologo noto in tutto il mondo, colpevole di aver
protetto fino all’estremo sacrificio uno dei più preziosi
patrimoni dell’Umanità. Il professor Khaled Asaad (leggere il
cognome per escludere parentele con il presidente Assad), per mezzo
secolo capo del sito archeologico di Palmira, aveva avuto sentore ben
prima del 21 maggio scorso dei piani dell’Isis di conquistare e
distruggere il cuore dell’antica città romana.
Ecco perché,
con il solo aiuto di qualche giovane collaboratore, Asaad aveva
deciso di mettere in salvo, e di nascondere in un luogo sicuro,
centinaia di statue. Che altrimenti sarebbero diventate preda dei
terroristi dell’Isis. Il professore non era un guerriero, tantomeno
un resistente politico, ma soltanto uno scienziato mite, saggio,
moderato, poco incline ad accettare logiche conflittuali. Su un
punto, però, non avrebbe mai ceduto, a costo della vita: abbandonare
alla devastazione più atroce Palmira, alla quale aveva dedicato
mezzo secolo della sua vita. Ricevendoy riconoscimenti e attestati
dagli archeologi di tutto il mondo. Per l’Isis, invece, era il
nemico. I tagliagole l’hanno arrestato, interrogato, torturato per
oltre un mese. Volevano costringerlo a rivelare dove avesse portato
le statue che erano state rimosse. Non ha aperto bocca. Lo hanno
decapitato sulla piazza di Palmira, davanti alla folla. Poi hanno
appeso il corpo devastato a una colonna.
Vorremmo che Khaled
Asaad, vero eroe del nostro tempo, fosse ricordato per sempre
dall’Onu e da tutte le sue articolazioni umanitarie e culturali.
Suggeriamo a Gariwo, la foresta dei giusti, di pensare a un albero
col suo nome sul Montestella di Milano.
Nessun commento:
Posta un commento