lunedì 10 agosto 2015

Bilancio d’estate: tante luci, e nuvole all’orizzonte


Alfredo Bazoli
Con la definitiva approvazione della legge delega sulla riforma della p.a., e del decreto legge riguardante la finanza degli enti locali, il Parlamento ha chiuso i suoi lavori per la pausa estiva. Renzi ha mandato ieri a tutti i parlamentari di maggioranza una lettera, con la quale ha ricordato la quantità e qualità di provvedimenti approvati nell’ultimo anno, spronandoci a proseguire su questa strada.
Una lettera ovviamente molto carica ed enfatica, che tuttavia cerca di aiutarci a fermare l’attimo, a provare a focalizzare l’istante, in modo da capire cosa ha prodotto l’intenso lavoro di questi ultimi mesi. Io credo che sia obiettivo riconoscere che molto è stato fatto, che un tratto di strada impervio e difficile è stato percorso. Sono stati affrontati e sciolti nodi che sembravano irresolubili, approvate riforme attese da lungo tempo, dalla legge elettorale, al mercato del lavoro, dalla scuola alla pubblica amministrazione, fino al fisco e a tanti interventi significativi sulla giustizia. Sono stati introdotti rilevanti correttivi fiscali, riguardanti i lavoratori (gli 80 euro in busta paga stabilizzati), e le imprese (la riduzione dell’Irap e la decontribuzione sulle nuove assunzioni).
Alcune di queste riforme hanno prodotto effetti visibili, altre meno, altre devono ancora andare a regime. Alcune sono ottime, altre sono perfettibili. Ma ci sono, e il paese sembra stia entrando in una nuova stagione. Domenica scorsa Carlo Messina, consigliere delegato di Intesa San Paolo, in una intervista al Corriere della Sera diceva con chiarezza che “siamo fuori dalla crisi, i segnali vanno tutti in questa direzione. Vedo che il paese accelera, l’onda delle sofferenze, cioè i crediti che le imprese in difficoltà fanno fatica a restituire, si sta riducendo in maniera rilevante, vediamo che le imprese hanno ricominciato a investire. E non soltanto quelle più orientate all’export, ma anche quelle più legate alla domanda interna. La svolta insomma c’è stata. Un trend che non è più in discussione”. E aggiungeva: “gli investitori internazionali hanno fiducia che ora in Italia le cose si comincino a realizzare. Che le riforme si comincino a fare”.
Tutto bene dunque, solo luci?
No di certo. L’occupazione fatica a riprendersi, il debito pubblico è elevatissimo, le incertezze dei mercati assai rilevanti: insomma, la strada da fare è ancora lunga.
Ma sarebbe stupido, oltre che disonesto, non riconoscere i risultati, e fare finta di non vedere che la traiettoria è quella giusta, che il paese è incamminato nella direzione corretta. In tutto ciò, peraltro, qualche nube all’orizzonte si intravede. Ed è tutta di natura politica (vorrei dire politicista), ed è quasi interamente interna al PD.
Il voto recente della minoranza del partito al senato, su un punto poco qualificante della riforma della Rai, che ha mandato sotto il governo saldandosi con i voti di Forza Italia, del M5S, della Lega, è l’ennesimo episodio di una guerriglia interna che sta diventando sempre più pericolosa. Che rischia di mettere a repentaglio quel percorso virtuoso di cui dicevo, ed anche la vita stessa del partito democratico.
È chiaro a tutti che quei voti pesano, perché sono decisivi al senato. E dunque possono determinare la vita e la morte di questo governo. Ma è altrettanto evidente che quella modalità di comportamento, quella cioè che ritiene non vincolante alcuna decisione presa a maggioranza dentro il partito e dentro il gruppo parlamentare, mette a repentaglio non solo il governo, non solo la strada della ripresa che il partito democratico sta responsabilmente guidando contro populismi crescenti e preoccupanti, ma viola il principio cardine, di base, su cui si regge qualunque comunità o associazione, quello senza il quale non esiste alcuna organizzazione, il principio democratico della lealtà alle decisioni della maggioranza. Questa ribellione interna, basata su una insofferenza e un astio senza quartiere, sta erodendo le basi di convivenza del partito democratico, rischia di produrre guasti e deragliamenti irreversibili. Non possiamo permetterlo. Nell’interesse del paese, prima di tutto, ma anche nell’interesse del partito democratico.
L’autunno si porterà dunque con se la necessità di risolvere queste difficoltà politiche, e certamente speciale onere e responsabilità spetterà a chi oggi governa il partito. Ma l’etica della responsabilità dovrà governare anche chi oggi minaccia e ricatta sulla pelle del paese.

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