Corriere della Sera 28/02/15
Luigi Ferrarella
Quattro milioni di euro di
«sproporzione» tra i redditi percepiti in 8 anni e invece i
contanti maneggiati e gli immobili acquistati nello stesso periodo
2005-2013: di solito a vedersi confiscare un patrimonio in base
all’articolo «12 sexies» del 1992 sono o mafiosi o evasori
condannati, e invece stavolta questo tipo di sequestro preventivo
finalizzato a confisca colpisce Emilio Spaziante, il generale di
corpo d’armata che è stato a un passo dal diventare Comandante
generale della Guardia di Finanza. E che — si scopre adesso —
negli anni in cui è stato via via Comandante della GdF lombarda
nelle più delicate inchieste del pool finanziario della Procura
della Repubblica, poi Capo di Stato Maggiore, Comandante
interregionale del Centro Italia, Comandante in seconda di tutta la
GdF, nonché vicedirettore dell’organo di controllo dei servizi
segreti Dis, ha utilizzato una mezza dozzina di ufficiali e
sottufficiali GdF come «prestanome» per mascherare il proprio fiume
di denaro in contanti di sconosciuta origine. Soldi che —
raccontano alcuni dei militari che ora rischiano l’incriminazione
per l’ipotesi di riciclaggio — Spaziante asseriva provenissero
dai servizi segreti.
Ma dalla Presidenza del Consiglio, nel
breve periodo di Spaziante al «Dipartimento delle informazioni per
la sicurezza» (Dis) appunto presso Palazzo Chigi, il generale
risulta aver percepito «solo» 483 mila euro (e non certo in
contanti). Che peraltro, pur sommati ai 617 mila euro di stipendi
dalla GdF e ai 19 mila euro di consulenze dall’Agenzia delle
Entrate, non bastano (nemmeno guardandola ai redditi dei due figli e
della convivente) a spiegare la forbice con gli ulteriori 4 milioni
nella sua disponibilità negli stessi 8 anni.
Colpiscono le
cifre, ma ancor più le modalità messe a nudo dal Nucleo di Polizia
Tributaria della Guardia di Finanza di Venezia, il cui lavoro è
l’ossatura della confisca sulla quale il procuratore milanese
Edmondo Bruti Liberati ha raccomandato silenzio e che risulta
notificata già da almeno tre giorni. Spaziante «consegnava somme in
contanti agli ufficiali a lui sottoposti», i quali li versavano in
banca sui propri conti, e in seguito «provvedevano a saldare conti e
spese del generale e dei suoi familiari», o a staccare assegni
utilizzati «per accollarsi all’apparenza il costo» dell’acquisto
di immobili «nei quali non avevano alcun interesse», essendo in
realtà comprati dal generale.
Sono quelli di cui il giudice
Chiara Valori ha disposto la confisca a carico del generale difeso
dagli avvocati Francesco Bergamini e Massimo Dinoia. Nella
ricostruzione dei vari acquisti (a Roma un’abitazione del generale,
una casa della convivente, un immobile della figlia, una vasta
proprietà intestata al figlio a Pioraco in provincia di Macerata, e
una barca da 450 mila euro che però risulta essere poi stata già
venduta a terzi), risalta l’autentica folla di persone coinvolte
per celare, con i contanti dati loro dal generale, il vero
acquirente: non soltanto suoi ufficiali e sottufficiali, ma anche
suoi assicuratori e commercialisti, a loro volta con parenti e
conoscenti. «Per trasformare il contante in assegni circolari ed
evitare di far emergere l’interezza della somma — dichiara ad
esempio un commercialista del generale a proposito dell’acquisto di
una delle case — utilizzai i nominativi di mio fratello, mio
cugino, mia madre, della mia ex moglie, della mia ex suocera, dell’ex
suocero, di mia zia, nonché di due miei collaboratori. Io stesso poi
accompagnai il generale Spaziante dal notaio per il rogito, dove gli
assegni gli vennero consegnati».
È facile prevedere che il
proseguio dell’inchiesta tenterà di capire la fonte del fiume di
contanti del generale, che non può certo dirsi esaurita dal segmento
dell’indagine veneziana sul Mose che nel maggio 2014 ha perquisito
il generale (trovandogli a casa 200 mila euro in contanti),
arrestandolo per aver ricevuto dal presidente del «Consorzio Venezia
Nuova», Giovanni Mazzacurati, 500 mila euro in cambio di notizie
(carpite dentro la GdF) sulle intercettazioni e verifiche fiscali in
corso. Per questo fascicolo, trasferito dai pm veneziani Stefano
Ancilotto, Paola Tonini e Stefano Buccini per competenza territoriale
ai colleghi milanesi Luigi Orsi e Roberto Pellicano, Spaziante
(detenuto a Santa Maria Capua Vetere) aveva preferito patteggiare 4
anni.
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