Corriere della Sera 28/02/15
Fabrizio Dragosei
Credeva molto nella marcia che domani
dovrebbe riportare in piazza l’opposizione alla politica di
Vladimir Putin. E ne aveva scritto sul suo account Twitter un paio
d’ore prima di essere assassinato: «Se siete per la fine della
guerra contro l’Ucraina, se volete la fine dell’aggressione di
Putin, venite alla marcia». Poi ieri sera, mentre si allontanava a
piedi dalla Piazza Rossa assieme a un’amica, Boris Nemtsov, uno dei
leader della protesta, grande critico del presidente russo, è stato
freddato a colpi di arma da fuoco. Una macchina bianca si è
avvicinata e qualcuno ha esploso sei colpi, quattro dei quali andati
a segno. Nemtsov è caduto a terra mentre l’auto si allontanava
velocemente. Un assassinio «pulito», probabilmente compiuto da
professionisti che sembra abbiano fatto perdere le loro tracce. Lo
stesso presidente russo ha subito condannato l’omicidio ma ha anche
parlato di una «chiara provocazione», affermando che è stato
sicuramente eseguito «su commissione», secondo quanto ha riferito
il portavoce del Cremlino. Putin ha ordinato agli organi di sicurezza
di indagare sull’esecuzione. In serata il presidente americano
Obama ha condannato il «brutale assassinio».
Il leader del
partito Parnas aveva 55 anni ed era uno dei nomi di spicco del
movimento che da anni tenta di saldare i vari gruppi di opposizione
per creare una formazione significativa in grado di porsi come
alternativa a Putin. La marcia «di primavera» organizzata per
domani dovrebbe essere il segnale per un risveglio, dopo mesi nei
quali le voci critiche sono diventate sempre più flebili di fronte
alla crisi ucraina che ha visto la Russia unirsi dietro al suo
capo.
Nemtsov si era segnalato negli anni Novanta come
governatore della regione di Nizhnij Novgorod, una delle più
dinamiche della Russia. Arrivato a Mosca, era stato nominato vice
primo ministro e l’allora presidente Boris Eltsin lo aveva preso
sotto la sua protezione. Per un momento il vecchio e malato
presidente lo aveva visto come suo possibile successore. Ma poi lo
aveva scartato, preferendogli invece l’energico Vladimir Putin che
proveniva dai servizi segreti.
Negli ultimi anni Nemtsov era
diventato sempre più critico nei confronti di Putin e della sua
politica. Fallito il tentativo di mettere assieme una coalizione con
l’ex premier Mikhail Kasyanov e l’ex campione di scacchi Garry
Kasparov, Nemtsov aveva concentrato le sue energie sulla denuncia
delle ruberie e della corruzione.
Aveva studiato a fondo la
storia degli appalti per le Olimpiadi di Sochi del 2014, arrivando a
realizzare numerosi dossier. Nemtsov era giunto alla conclusione che
nei lavori di costruzione degli impianti erano stati rubati «tra i
25 e i 30 miliardi di dollari». Ma questa, aveva ammonito l’uomo
politico, era solo «la prima parte delle indagini». Altro, a suo
avviso, doveva ancora venire fuori. «Ed è chiaro che a organizzare
tutti i lavori a Sochi sono stati gli amici di Putin», aveva
denunciato pubblicamente.
Poi c’è stato il dossier sulle
spese ordinate ed effettuate dallo stesso presidente russo. «La
costruzione di venti palazzi, la spesa di 700 mila dollari in
orologi, il suo accesso illimitato a yacht, aeroplani».
Da
ultimo Nemtsov aveva affrontato la questione dell’intervento russo
in Ucraina e dei soldati mandati «segretamente» oltrefrontiera.
Aveva pubblicato una lettera aperta ai soldati russi «che servono
senza mostrine in Ucraina». Aveva scritto: «Putin, come comandante
in capo, sa perfettamente che la partecipazione delle forze armate in
attività militari nell’est dell’Ucraina è illegale».
Pochi
giorni fa aveva rilasciato un’intervista: «Mia madre è
preoccupata. Lei veramente ha paura che Putin mi possa ammazzare per
le mie iniziative… E non è uno scherzo. Mia madre è una persona
intelligente».
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