ILVO DIAMANTI
La Repubblica 02 marzo 2015
Padana, nazionalista e “personalizzata”
ecco la tripla Lega alleata di CasaPound
La Lega non è più la stessa. L’ultimo
partito rimasto, dopo la fine della (cosiddetta) Prima Repubblica.
L’unico ad aver mantenuto la stessa etichetta da 25 anni. La Lega,
appunto. Dopo la manifestazione romana di sabato non è più la
stessa di prima. Soprattutto e anzitutto perché Roma fa parte della
sua “identità genetica”. “Roma ladrona, la Lega non perdona”,
era lo slogan dei vecchi tempi. Vecchi, appunto. Quando Roma era
luogo e simbolo dello Stato Centrale da espugnare. Per conquistare
l’indipendenza del Nord. E per “bonificare” il Sud assistito —
sfruttando le risorse del Nord produttivo. Certo, la Lega era
arrivata già da tempo a Roma, dove i suoi parlamentari si erano
trovati piuttosto bene. Così era divenuta anch’essa — abbastanza
— “romana”. Un sindacato del Nord insediato nella Capitale.
Anche per questo era declinata, dal punto di vista elettorale.
Insieme al mito del Nord Padano. Roma, comunque, era — è —
sempre rimasta il simbolo dell’anticentralismo e dell’antipolitica,
secondo la Lega. Fino a sabato, appunto. Quando alcune decine di
migliaia di leghisti sono arrivati a Roma. Non per contestarla. Ma
per conquistarla. Meglio: per conquistare la legittimità. Di
italiani. La Lega Nazionale, la Ligue Nationale, versione italiana
del Front National di Marine Le Pen, ha sfilato nella capitale
(italiana) e si è radunata a Piazza del Popolo (italiano). Insieme
ai Fratelli d’Italia (appunto) e ai circoli di CasaPound. La Destra
della Destra. Tutti insieme, intorno al giovane leader, Matteo
Salvini. Artefice della mutazione genetica leghista che ha permesso
al partito un rilancio impensabile, appena due anni fa. Quando,
ricordiamo, la Lega Nord — guidata, all’epoca, da Roberto Maroni
— alle elezioni politiche aveva racimolato il 4,1%. Il dato più
basso dal 2001. Salvini, divenuto segretario nel dicembre 2013 (dopo
aver schiacciato, alle primarie, Umberto Bossi), ha cambiato
l’immagine e l’identità della Lega. Molto rapidamente. Con
effetti evidenti. Anzitutto sul piano dei consensi. Non a caso, alle
elezioni Europee, lo scorso maggio, la Lega è risalita oltre il 6%.
Ma i sondaggi, attualmente, la collocano intorno al 12-13%. Cioè: il
livello più elevato della sua storia. La Lega di Salvini oggi
incalza Forza Italia. E le contende la leadership del Centro-destra.
Si tratta di un percorso che abbiamo già seguito e descritto in
passato. Ma oggi appare più evidente. Dal punto di vista
territoriale, anzitutto, la Lega ha spostato il baricentro a
Centro-Sud. Infatti (secondo i sondaggi più recenti di Demos) supera
il 20% nelle regioni del Nord, si avvicina al 10% nelle regioni del
Centro (tradizionalmente di Sinistra) e pare aver sfondato nel
Centro-Sud (intorno a Roma e il Lazio), dove ha superato il 13%. Ma è
oltre il 6% perfino nel Sud e nelle Isole. Per questo è “scesa”
a Roma: perché ormai è nazional-popolare. O forse:
nazional-populista, visti gli argomenti che utilizza, come slogan e
come bandiera. Non più l’indipendenza — affidata ai movimenti
regionali, in Veneto e Lombardia. Ma l’opposizione contro il
duplice nemico: l’Europa dei burocrati e gli immigrati, che ci
invadono. I bersagli comuni ai populismi europei. Per primo il FN di
Marine Le Pen. E gli epigoni nazionali (sti) minori ed estremi —
anzi: estremisti — con cui sabato ha sfilato a Roma. Per prima:
CasaPound.
La manifestazione di Roma, però, ha
accentuato il tratto politico, oltre che antipolitico, della Lega di
Salvini: l’opposizione a Renzi e al suo governo. Ha, inoltre,
rilanciato la candidatura di Salvini alla guida del Centro-destra. Un
progetto che sembra procedere spedito. La popolarità di Salvini,
infatti, è intorno al 33%. Secondo solo a Renzi e molto al di sopra
rispetto a tutti gli altri leader. Peraltro, il profilo “politico”
degli elettori leghisti, in contrasto con le posizioni del leader,
sembra essersi spostato a Centro-destra, più che a Destra, rispetto
alle elezioni politiche del 2013. Per effetto, probabilmente,
dell’afflusso di molti elettori di FI, ma anche dell’NCD.
D’altronde, anche il FN, in Francia, ha intercettato molti elettori
di Destra, che votavano per i partiti moderati (l’UMP,
soprattutto). E oggi, nei sondaggi, appare vicino al 30% dei
consensi. Un obiettivo ancora lontano, per la Lega di Salvini. Che
deve misurarsi con la “resistenza” di Berlusconi e FI, a Destra,
e con la concorrenza del M5s sul versante della protesta
anti-politica. Tuttavia, è indubbio che si tratti di un soggetto
politico in crescita e in costante evoluzione. In grado di rivolgersi
a diversi elettorati. Gad Lerner, nella sua efficace analisi, ieri ha
definito la Lega “il camaleonte verdenero”. Sottolineandone le
capacità mimetiche (come fece, vent’anni fa, Giovanna Pajetta, nel
libro “Il grande Camaleonte”). Tuttavia, è possibile descriverla
diversamente. Come somma e risultante di tre soggetti politici. Tre
Leghe. 1) La Lega Padana: riproduce le radici storiche del partito.
Mantiene la sua base elettorale a Nord, dove ha una struttura
organizzativa e un elettorato fedele, oltre a una presenza estesa nei
governi e nelle amministrazioni. 2) La Ligue Nationale. La Lega
Nazionale e Lepenista. Alleata di CasaPound. Antipolitica, impiantata
sull’antieuropeismo e sulla paura degli altri. Soprattutto degli
stranieri. Riflette una “sindrome” presente in tutto il
territorio nazionale. Dove coinvolge e scuote circa il 25% degli
elettori. Ma oltre il 50% nella Lega. Ed è diffusa, in modo
omogeneo, in tutte le aree del Paese. 3) Infine, la Lega
“personalizzata”: “Noi con Salvini”. Un soggetto politico che
integra e compone le altre Leghe. Intorno al figura del Capo, in
grado di comunicare con linguaggi diversi a pubblici diversi. Ai Duri
e Puri e agli uomini spaventati. Ma anche al “pubblico” medio e
mediatizzato. Perché Salvini è Pop. Invitato e inseguito da tutti i
media.
Così, le tre Leghe, guidate da
Salvini, sono arrivate a Roma e si sono spinte a Sud. Promettono —
e minacciano — di prendere la guida dell’opposizione. Ma è
difficile che possano costituire un’alternativa di governo. Il loro
equilibrio, peraltro, resta instabile. E rischia di spezzarsi, in
ogni momento. Perché la Lega Padana e la Lega Nazionale sono troppo
diverse e troppo distanti, per territorio e identità. L’impresa di
tenerle unite, nel segno della paura, contro un nemico senza volto (e
con molti volti), contro gli stranieri, l’Europa, il mondo, Roma
ladrona e contro Renzi: appare ardua. Anche per un Leader Pop —
agile, abile e determinato — come Salvini.
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