Corriere della Sera 13/03/15
Nicola Saldutti
La tentazione, di tanto in tanto,
torna. Considerare il patrimonio delle Fondazioni una sorta di
presidio da utilizzare per il debito pubblico.
«Qualcuno ci pensa,
ma questo patrimonio appartiene alla storia dei territori che lo
hanno accumulato, l’esproprio non è possibile. E questo accordo
che abbiamo raggiunto con il ministero dell’Economia per noi ha un
valore molto forte: il pieno riconoscimento di quello che le
Fondazioni rappresentano in questo Paese…».
Avvocato
Guzzetti, ma a Siena con Mps e a Genova con Carige le Fondazioni in
passato hanno combinato un sacco di guai?
«Erano patologie. Rese
possibili anche dal fatto che la legge Ciampi, un’ottima legge,
fissava i principi non i dettagli. Era necessario dare dei contenuti
a quella norma. Con l’atto appena approvato ci siamo arrivati».
Che cosa cambia?
«Nella gestione del patrimonio nessuno
potrà concentrare più del 33% dell’attivo in un solo
investimento, a cominciare dalla banca conferitaria. Bisognerà
diversificare, vengono vietati gli investimenti speculativi ma
naturalmente saranno sempre possibili le operazioni di copertura dai
rischi. E l’indebitamento non sarà consentito se non in casi
eccezionali».
Ma il ministero dell’Economia avrà più poteri
di controllo rispetto a prima?
«Dopo la sentenza della Corte
Costituzionale il ministero non poteva emanare atti vincolanti e
spesso i controlli avvenivano troppo tardi in caso di comportamenti
incauti, per la verità molto limitati. Ora, per una scelta
responsabile del sistema delle Fondazioni, si supera questo vincolo e
il Mef potrà intervenire per far applicare queste regole. Come vede
tanti pregiudizi sulle Fondazioni non sono corretti».
Ma com’è
andata con il ministero in questi anni?
«C’è stata sempre stima
reciproca anche nelle fasi di contrasto: Tremonti, Grilli,
Saccomanni, ora Padoan. E nelle premesse dell’intesa ci sono due
riconoscimenti importanti: il ruolo avuto dalle Fondazioni in questi
anni e quello dell’Acri che con la Carta delle Fondazioni, tre anni
fa, ha gettato le basi per questo tipo di approdo».
Altrimenti
sarebbe arrivato un decreto…
«Qualcuno ci ha pensato, ma un atto
d’imperio sarebbe un errore. L’accordo che abbiamo firmato
rappresenta un unicum. Il Mef avrà maggiori poteri d’intervento
proprio per garantire che nel sistema non ci siano più patologie. Mi
pare una scelta che pochi enti vigilati hanno avuto il coraggio di
fare. Questo quadro consentirà a tutti, vigilanti e vigilati di
lavorare con più tranquillità. La diversificazione dei patrimoni
finora non aveva definizioni precise, ora è molto più chiara. E
aiuterà l’intero sistema».
Il punto è sempre lì: il ruolo
nelle banche?
«Prenda la Cariplo, in Intesa circa il 60% dei soci
ormai sono fondi internazionali, altro che Fondazioni. Il tema semmai
è che ci sia una tendenza troppo disinvolta e superficiale nel
considerare chi investe nelle banche. In Germania e Francia mi pare
che lo Stato, dopo i salvataggi, sia saldamente presente. Questa
esterofila a tutti i costi va un po’ meditata. Non è la stessa
cosa se i centri decisionali sono a Milano e Roma o a Parigi e
Londra».
Cdp in Telecom è una buona idea?
«Mi pare che la
situazione sia molto complessa. Qualora ci fosse un progetto Paese
noi ci siamo».
Magari attraverso Cdp reti.
«Noi siamo soci
di Cdp reti con un investimento di 170 milioni. Trentatré Fondazioni
sono entrate al momento dell’ingresso degli azionisti cinesi. Offre
un buon rendimento».
Come le quote Bankitalia che dovranno
essere messe sul mercato per rispettare il limite del 3%?
«Lì
bisognerà vedere quale sarà la cedola. Valuteremo».
E
l’Ilva?
«Volevano che la Cdp la comprasse, come l’Alitalia. Ma
questo investimento in una società in perdita non sarebbe stato
coerente con lo statuto di Cdp, perciò eravamo contrari. Ora la
Cassa è intervenuta con un finanziamento garantito dallo Stato. Così
va bene».
Come dire: volete continuare a fare il vostro
mestiere…
«Con questo accordo e con la diversificazione del
patrimonio sarà possibile che le 88 Fondazioni abbiano più risorse
per le erogazioni, da impiegare a sostegno di un nuovo welfare di
comunità. Prenda l’housing sociale: oramai gli investimenti sono
arrivati a 3 miliardi di euro. Quando abbiamo iniziato eravamo soli,
ora è uno dei progetti di welfare più significativi» .
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