Corriere della Sera 13/03/15
M.Antonietta Calabrò
«La legge arriva fino a un certo
punto, il discorso morale è un altro». Il segretario della
Conferenza episcopale italiana, monsignor Nunzio Galantino, precisa
subito che «la questione non riguarda solo l’ex premier Silvio
Berlusconi». E, per di più, fa un esempio che non può essere
equivocato, quello dell’aborto, una pratica legale, «ma — spiega
— se un fatto è legale non è detto che sia morale». Distinguo a
parte, e tornando a Berlusconi, Galantino si è schierato in modo più
che deciso, con la risposta che il direttore del quotidiano dei
vescovi Avvenire , Marco Tarquinio, ha dato a due lettori divisi tra
loro nel giudizio sull’«esito penale favorevole a Berlusconi».
Tarquinio infatti ha scritto che la sentenza della Cassazione sul
caso Ruby «non cancella il rilievo istituzionale e morale»,
aggiungendo che «un’assoluzione con le motivazioni sinora
conosciute non coincide con un diploma di benemerenza politica e di
approvazione morale».
«Avvenire ha preso una posizione
coraggiosa che va sostenuta e confermata», ha aggiunto chiaro
Galantino. Ripetendo in sostanza quello che nel settembre 2011 disse
il cardinale Angelo Bagnasco al momento dell’esplosione del caso
Ruby quando aveva parlato di stili di vita «difficilmente
compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle
istituzioni e della vita pubblica».
Come reagiscono alle
affermazioni dei vescovi, i cattolici che militano in Forza Italia?
Facendo una radiografia delle appartenenze di provenienza, in realtà,
ormai di cattolici dentro FI è difficile trovarne. È stata grande
infatti la trasmigrazione nelle fila del Ncd e di Area popolare di
tutti i forzisti più impegnati sul fronte di quelli che nella
Seconda Repubblica, si chiamavano i «principi non negoziabili» in
materia di vita e di morte (Lupi, Roccella). Altri rimasti in FI,
come Mariastella Gelmini, non vogliono commentare. Altri ancora
invece lo fanno, in modo sorprendentemente controversiale. Antonio
Palmieri , deputato del collegio lombardo di Cantù, ad esempio, si
dice completamente d’accordo con Galantino. D’accordo? «Sì —
risponde — perché anche monsignor Galantino e il direttore
Tarquinio distinguono il peccato dal reato e sottolineano il rilievo
istituzionale e morale del processo Ruby che è diverso dall’esito
penale, visto che è servito ad abbattere un avversario politico e a
cambiare il governo del Paese». Quanto al «peccato», Palmieri
aggiunge che Berlusconi «non ha mai esibito la sua vita privata, che
invece è stata spiattellata sui giornali in seguito all’inchiesta
della magistratura» e che «un uomo politico si giudica per le sue
azioni pubbliche e non per quello che fa o non fa a casa propria».
Infine, dice ancora: «Per il peccato, come ci ricorda tutti i giorni
papa Francesco, c’è la misericordia di Dio».
Per Gianfranco
Rotondi, anche lui cattolico, ex dc, quello di Galantino «non è un
attacco a Berlusconi ma la riaffermazione di un’ovvietà per un
uomo di Chiesa. Anzi, un uomo di Chiesa ha il dovere di ricordarlo».
Rotondi aggiunge subito dopo: «Naturalmente Galantino sa che il
precetto più importante per un cattolico è: “Non giudicare e non
sarai giudicato”». E che «un politico, laicamente, va valutato
per quello che fa sul fronte dell’azione pubblica e lo sapevano
bene i democristiani che hanno avuto santi come La Pira e gente
magari sposata tre o quattro volte, e nessuno se ne é mai
scandalizzato».
Proprio per questo Rotondi ricorda che «i
governi Berlusconi hanno sempre sostenuto le linee etiche della
Chiesa», mentre, conclude, «la confessione non si fa in
pubblico».
«Preferisco l’etica dei principi al facile
moralismo» dice diretto a Galantino, Maurizio Sacconi ex Forza
Italia, ora senatore di Ap.
L’Associazione nazionale
magistrati, infine, si è schierata contro chi oggi impugna la
«dimostrata innocenza» dell’ex Cavaliere per evocare la
responsabilità civile delle toghe. «È assolutamente fuori luogo»,
ha affermato il presidente Rodolfo Sabelli.
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