Corriere della Sera 21/03/15
Marco Cremonesi
«Calma, calma… siamo ancora vivi,
vegeti e tenaci. Aspettate a seppellirci». Si sa, Roberto Formigoni
è un combattente. Non è a lui che si può parlare di crepuscolo di
quell’idea della politica che, per anni anzi decenni, è stata
legata al nome di Comunione e liberazione. Eppure, le dimissioni di
Maurizio Lupi dal governo segnano in modo non soltanto simbolico
l’uscita dalla stanza dei bottoni. Difficile da recuperare, forse.
Perché a non volerne più sapere sembra proprio il movimento fondato
da don Giussani.
Formigoni che fu governatore, Lupi che fu
ministro come lo fu Mario Mauro, sono le personalità più note. Ma
«ciellini» sono stati decine di amministratori, assessori, manager
pubblici che hanno innervato tante amministrazioni pubbliche e
parapubbliche soprattutto al Nord. Grazie anche a un’invidiata
capacità di indirizzo dei voti: in una Forza Italia (o Pdl) spesso
divisa per bande, i «ciellini» sono sempre stati un blocco decisivo
per gli equilibri interni. Poi, alle vecchie accuse, quelle di essere
un centro di potere e magari di affarismo, han fatto seguito
inchieste giudiziarie e scandali mediatici. Fino a quando, nel 2012,
il successore di don Giussani, Julián Carrón, tira il freno: «Se
il movimento — scrive spietato — è continuamente identificato
con l’attrattiva del potere, dei soldi, di stili di vita che nulla
hanno a che vedere con quello che abbiamo incontrato, qualche
pretesto dobbiamo averlo dato». È l’inizio vero del distacco
dalle «opere».
Ne restituisce il senso Stefano Carugo, medico
e consigliere regionale lombardo: «Ormai sono un highlander», la
stirpe in estinzione del film con Cristopher Lambert. «Sono uno
degli ultimi. All’alba dei 50 anni di età, dietro non vedo
nessuno, i più giovani si attengono all’undicesimo comandamento:
Cl con la politica non c’entra più». Uomo simbolo del distacco,
Carlo Masseroli: brillante assessore all’Urbanistica della giunta
Moratti, nel 2013 ha dato le dimissioni dal Comune e ha chiuso con la
politica.
Forse, dice Carugo, «è in parte anche giusto così,
magari in passato anche noi abbiamo esagerato. Ma questo rifiuto di
assumersi ogni responsabilità pubblica non è detto che sia un
bene». Prosegue Carugo, «dalla stampa continuiamo a essere
identificati come chissà quale Spectre. Si parla ancora del nostro
voto “legionario” che, basta guardare i numeri, non esiste più.
Si continua a pensare a noi come a un ufficio di collocamento, quando
invece ormai sul posto di lavoro siamo quasi discriminati... Ci
vorranno anni prima di recuperare».
Il consigliere è
sconsolato: «E adesso, ci hanno abbattuto anche Lupi. L’unico
intorno a cui si sarebbe potuto coalizzare qualcosa per Milano...».
Formigoni non è d’accordo. Ammette che «le posizioni oggi sono
meno influenti di quelle di ieri, ma i nostri valori torneranno a
essere protagonisti». Del resto, aggiunge, «io e Lupi abbiamo già
attraversato momenti difficilissimi come la fine della Dc nel 1994.
Oggi, il nostro orizzonte è la ricostruzione del
centrodestra».
Proprio il fatto che parte cospicua dei
«ciellini» sia entrata nel Nuovo centrodestra è stato un altro
elemento di divisione. Anche se per l’ex ministro della Difesa,
Mario Mauro, «il punto vero è che tra noi l’involuzione del
centrodestra italiano è stata letta in modo diverso». E infatti,
lui nel Ncd non è mai entrato: «È sempre stato subalterno a
Renzi». La speranza, ora, è che si «trovi qualche idea per
ricostruire un’area popolare per le amministrative». Mariastella
Gelmini, mai stata filociellina, ieri dava per possibile una
candidatura a sindaco di Lupi: «Uscirà a testa alta da questa
vicenda». Meno convinto è proprio il ciellino Mauro: «Penso che
sia un’altra generazione a doversi prendere questa responsabilità».
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