Corriere della Sera 08/03/15
Marco Garzonio
Hanno un bel dire al Pirellone che i
parametri dei livelli essenziali di assistenza son da rivedere. Ma
che in due anni la Lombardia sia stata retrocessa dal secondo al
sesto posto nella classifica nazionale vorrà dire qualcosa. Anche
perché — magari non è a caso — il cammino del gambero s’è
consumato nel 2011-2013, quando il Pirellone diede il peggio di sé e
dell’intero sistema delle autonomie tra scandali (in primis la
Sanità), Presidente, assessori e consiglieri indagati, scioglimento
del Consiglio, elezioni anticipate. Dalle urne, è vero, il
centrodestra fu confermato, con la staffetta ai vertici: Lega al
posto di Forza Italia. Forse perché quella maggioranza risponde
meglio all’anima lombarda (almeno in tempi di crisi), forse per
mancanza di alternative credibili sperimentate a sinistra. Tra i
banchi del Pirellone per il Pd sedeva Civati, che «studiava» però
da dirigente nazionale, e Martina candidato controvoglia, poi
ripescato come ministro. Paradosso vuole che, al di là delle
pagelle, la Sanità brilli per le eccellenze: a Milano, ma non solo.
Peculiarità lombarda è un sistema di prim’ordine diffuso
sull’intero territorio, radicatosi da quando la Regione in anni
lontani realizzò un «piano sanitario», primo in Italia e modello
per il Paese. Se i meriti dei successi vanno al personale, perché
non è immaginabile affrontare cura e prevenzione senza medici bravi,
collaboratori preparati, attrezzature valide, sarà il caso di
cambiar registro. Maroni ha promesso una riforma in 20 giorni.
Auguri. Speriamo che in essa rientri di riformare la politica.
Politica che ha due volti: quello di chi pensa le scelte e quello di
chi è chiamato a gestirle. Quanto al primo, chi governa deve
ricordare che «cosa pubblica» significa idealità, valori, «bene
comune», non solo autoaffermazione, tanto meno tornaconti propri o
di clan. Nell’adempiere alle sue funzioni gli toccherà poi
studiare le materie di cui si occupa: allora potrà avvalersi di
tecnici qualificati potendo discernere chi collabora perché è bravo
da chi lo fa pro domo sua. Il secondo volto, connesso, riguarda chi è
chiamato ad attuare le scelte: manager e alti funzionari. Va spezzato
il cerchio magico delle appartenenze, cioè della scelta dei vertici
in base alle fedeltà (spesso inconfessate) a partiti e gruppi, delle
irresponsabilità (dirigenti Asl che tagliano così son premiati: se
i servizi poi ne soffrono peggio per gli utenti), dei rimpalli (5
anni per 19 letti al San Carlo come rivelato da Simona Ravizza su
queste colonne). La Lombardia s’aspetta una classe politica e
manageriale all’altezza della sua sanità.
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