Corriere della Sera 29/03/15
Fabrizio Roncone
«Quando parla il selvaggio?», chiede
con aria disgustata e complice Carla Cantone, responsabile dello
Spi-Cgil, il sindacato dei pensionati.
Susanna Camusso si volta,
si china leggermente, dagli occhi sprigiona un guizzo azzurrino di
sorpresa, come se le avessero chiesto dove andrà in vacanza
quest’estate: «Boh. Non ho idea...».
Maurizio Landini non
sente. Si infila la felpa della Fiom, fa ciao alla folla, ride, si
pulisce gli occhiali. Molti compagni metalmeccanici alzano il pugno
chiuso, molte compagne mandano baci con la mano. Grida di evviva,
applausi, fischi di eccitazione, ogni tanto certi attaccano a cantare
«Bella ciao».
Piazza del Popolo, bandiere rosse nel vento del
pomeriggio, Stefano Rodotà sta concludendo il suo intervento.
Da
un’ora e 35 minuti tutti però osserviamo Susanna Camusso che è
lì, ferma sul penultimo gradino della scaletta di accesso al palco.
Ferma, quasi immobile. Mentre il corteo veniva giù dalle rampe del
Pincio, avanti lo striscione della Fincantieri, lei - direttamente da
Reggio Calabria - è arrivata, è scesa dalla macchina, il servizio
di sicurezza della Cgil l’ha tenuta dentro un cordone di braccia e
subito l’hanno accompagnata fino a quella scaletta.
E lì è
rimasta.
A un gradino dal palco.
Presente, ma plasticamente
distante.
E muta.
Anziani cronisti sindacali dicono che mai
s’era visto il segretario generale della Cgil non dire mezza parola
a una manifestazione della Fiom.
Allora il suo portavoce, il
burbero Massimo Gibelli, sbuffando, scuotendo la testa perché certe
cose non si dovrebbero pensare e tantomeno chiedere, organizza una
bizzarra conferenza stampa: lei, la Camusso, in via del tutto
eccezionale, si sporgerà dal suo penultimo gradino e farà una breve
dichiarazione.
«Però le domande sono vietate!».
No,
scusa, Gibelli: che conferenza stampa è senza domande?
«O
senza domande, o niente!».
Irrituale, va.
«Anzi, facciamo
così: i microfoni, per sicurezza, li consegnate a me!», ordina
Gibelli.
Camusso (senza celare un senso di puro fastidio non per
Gibelli, ma per noi che vorremmo sentire cosa pensa): «In questa
piazza ci sono i lavoratori metalmeccanici iscritti alla Cgil che,
giustamente, sono in lotta perché la legge delega riduce i loro
diritti».
Venti secondi. Punto. Fine.
Sì, certo: dovremmo
fare finta che sia solo una semplice manifestazione sindacale. Ma è
dura. Perché Landini era stato chiaro da subito. Contro il Jobs act,
a Roma, sfilerà una coalizione sociale. Lo slogan è «Unions»,
richiamo alle origini del movimento sindacale, e però anche numerose
sigle non sindacali sono venute in marcia con la Fiom o solo a suo
sostegno: Libera, Arci, Articolo 21, Libertà e Giustizia. E poi
Rifondazione e L’altra Europa con Tsipras, lo stato maggiore di Sel
e pezzi di Pd.
Per giorni, sui quotidiani e alla tivù, il
sospetto: Landini sta piantando il seme di un nuovo partito? Tutti i
sospetti sono legittimi, in politica. Ma qui, sotto questo palco,
diventa invece forte la sensazione che Landini abbia piuttosto
cominciato la scalata alla Cgil.
La Camusso, del resto, se ne
sta lì immobile ma, ogni tanto, le viene spontaneo alzare lo sguardo
e farlo scorrere sui ranghi dei manifestanti. Chi sono?
Metalmeccanici, certo, però non solo. Colpisce la presenza dei
giovani (premiati nell’attesa dall’esibizione del gruppo musicale
romano «Il muro del canto»). Ci sono i bancari, i precari della
scuola, i movimenti di chi lotta per la casa. Tante le bandiere del
vecchio Pci (sotto una di queste, per un tratto, ha camminato anche
l’anziano Aldo Tortorella). Ne hanno alzata una del Pd e il
manifestante è stato insultato. Del Pd comunque ci sono, come detto,
schegge di minoranza parlamentare: c’è Stefano Fassina, c’è
Barbara Pollastrini, c’è Vincenzo Vita. Qualcuno sostiene di aver
avvistato anche Rosy Bindi.
I cronisti fanno la conta dei
presenti e poi buttano un’occhiata sulla scaletta: sì, la Camusso
è ancora lì. Immobile. Chicchissima con il suo completo blu,
pantaloni di velluto a coste piccole e maglione dello stesso tono; la
bottiglietta d’acqua in tasca, il cellulare con cui telefonare, di
tanto in tanto.
Accanto - uno scalino più in basso - Serena
Sorrentino. Chi è questa Sorrentino? La sua presenza, spiegano
osservatori esperti, non è casuale. Segretaria confederale dal 2010,
37 anni, napoletana, responsabile delle politiche del lavoro: seria,
rigorosa, preparata. Ti raccontano che alla Camusso non dispiacerebbe
metterla in corsa per la sua successione, quando sarà (nel
2018).
Intanto, però, ecco che risale la scaletta
lui.
Maurizio Landini.
Ora voi dovete sapere che Landini è
un tipo distratto. Molto distratto. Uno di quei tipi che ti passano
accanto e non si accorgono di te.
Landini fa così proprio con
lei, con la Camusso.
Così prontamente lo placcano, gli mollano
una pacca sulla spalla, oh, Maurizio, guarda che c’è
Susanna...
Lui allora si ferma, torna indietro. E l’abbraccia:
«Dai! Diamoci pure un bacio!».
Lei, gelida, porge la guancia
sinistra.
Bacio.
A questo punto, Gibelli decide che, per
rompere il ghiaccio, non c’è niente di meglio che scattare un bel
selfie collettivo.
Camusso: «No. Il selfie, grazie, no».
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