Lia Quartapelle
A chi dice che l'Islam è incompatibile con la democrazia, direi
di guardare all'attacco
contro il Parlamento in Tunisia. La loro tesi,
infatti, è la stessa dei fondamentalisti, che vogliono colpire
ancora una volta un simbolo, quello dell'unico esperimento
democratico emerso dalle Primavere arabe.
È la stessa tesi esposta in un video dai terroristi di Boko
Haram, che entrando a gennaio 2015 nella città di Baga, in Nigeria,
prima di una strage che ha fatto più di duemila vittime, gridavano
agli abitanti del luogo: "Dovete scegliere, tra l'Islam e la
democrazia, tra la vita e la morte".
La Costituzione, le istituzioni democratiche tunisine, a partire
dal suo Parlamento, sono frutto di un percorso complicato e non
lineare, che in alcuni momenti ha rischiato di sbandare. Un percorso
che ha visto morti, vittime di attentati terroristici (tra cui i due
leader di opposizione e parlamentari Chokri Belaid e Mohamed Brahmi
uccisi rispettivamente a febbraio e a luglio 2013); che ha avuto
momenti di contrapposizione aspra tra le forze politiche, così come
manifestazioni di intolleranza fuori dal parlamento, da parte di
forze fondamentaliste che speravano di influire sul processo
politico.
Un percorso che però, alla fine, ha portato a una maturazione
collettiva: la Costituzione è stata approvata con 200 voti a favore,
12 astenuti e 4 contrari. A testimonianza di un processo di
discussione vero, che ha portato la stragrande maggioranza delle
forze politiche a riconoscersi nelle istituzioni democratiche e in un
reale, nuovo spirito di unità nazionale. E a testimonianza di come
un partito della galassia dell'Islam politico, il partito Ennahda,
possa essere protagonista in positivo di una evoluzione in senso
democratico del proprio Paese.
Non era scritto da nessuna parte che in Tunisia dovesse e potesse
finire così. Anzi, la difficoltà del contesto, con l'ingombrante
vicino libico, e i fallimenti dei processi democratici di altri paesi
post-Primavera araba (a partire dall'Egitto) non giocavano a favore
della Tunisia.
Oggi è sotto attacco il parlamento di un Paese democratico vicino
dell'Italia. Ci sono nostri connazionali tra le vittime al museo del
Bardo. Ogni coscienza democratica, che sia laica, cattolica o
musulmana, dovrebbe sentire questo attacco come diretto anche contro
di noi e contro i nostri valori fondanti, esattamente come lo era
quello contro la redazione ci Charlie Hebdo. A Tunisi come a Parigi.
Per questo, l'esperimento tunisino è simbolico. Perché dimostra
che l'Islam e la democrazia possono convivere. E che ci può essere
un'evoluzione in senso democratico di un paese islamico. I parlamenti
democratici possono approvare leggi contro il terrorismo di matrice
fondamentalista islamica, come succedeva proprio oggi a Tunisi. E che
proprio le leggi democratiche contro la barbarie terrorista sono lo
strumento più efficace per combatterla.
La Tunisia e la sua democrazia vanno difese, aiutate e facilitate
più di quanto non sia stato fatto fino ad ora. Perché la Tunisia
rappresenta la vera, efficace risposta al Daesh, al sedicente Stato
islamico: è una risposta che ci dice che si può immaginare una
democrazia, che sa far convivere religione e diritti delle minoranze,
in una logica non oscurantista.
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