Corriere della Sera 12/03/15
Francesco Verderami
L’uomo del Biscione sembra tornato
dinamico, spiazzante, aggressivo. Ma è il ramo imprenditoriale del
berlusconismo che si mostra vitale, non quello politico: da Rai Way a
Rcs libri, passando per le trattative sul Milan, il fondatore del
centrodestra — sotto la gestione dei figli e di «zio Fedele»
Confalonieri — offre in Borsa un’immagine che non ha più nel
Palazzo. Si vedrà al dunque se sono state solo mosse tattiche o vere
operazioni di mercato, e come finirà — per esempio — la partita
decisiva che ruota attorno a Telecom. Tuttavia non c’è dubbio che
sul fronte delle aziende c’è iniziativa, mentre sul fronte del
partito si assiste alla disgregazione di ciò che è stato un
impero.
Per la prima volta da quando Berlusconi è «sceso in
campo» la politica è diventata ancillare, più di quanto non lo
fosse stata anche prima. D’altronde l’ex premier nei suoi
colloqui riservati più volte ha detto di dover «mettere a posto le
cose». Resta da capire — tra gli innumerevoli asset di cui dispone
— quale sorte e quale ruolo ha in testa per Forza Italia. E ci sarà
un motivo se il capogruppo azzurro al Senato, Romani, gli rammenta
che «nel suo portafogli c’è una partecipata al 100% che fattura
il 15% di consensi su base nazionale. Speriamo se ne voglia
occupare».
Ecco il punto. La sentenza di assoluzione sul caso
Ruby tonifica Berlusconi, gli restituisce (in parte) l’onore,
certifica agli occhi dei suoi elettori l’esistenza di quel
complotto giudiziario di cui si sente vittima. Ma nessuno, nemmeno
tra i suoi fedelissimi, immagina che la decisione della Cassazione
possa influire sugli scenari politici e sulle sue dinamiche. Il primo
ad esserne consapevole peraltro è il leader forzista, che trova un
riscontro nello «storico» dei suoi amatissimi sondaggi.
Dall’analisi comparata dei dati si nota che — dopo la condanna
per il caso Mediaset, nell’estate del 2013 — il Pdl continuò a
salire nei consensi fino a un picco del 29% che precedette la rottura
con il governo Letta. Un anno più tardi, invece, la sua assoluzione
in Appello per il caso Ruby favorì una lieve ripresa Forza Italia
che però ben presto tornò al 15%.
Le ragioni di queste
differenze stanno dentro altre ricerche demoscopiche che raccontano
come l’Italia sia cambiata: non solo la giustizia non è più un
tema mobilitante, ma i recenti avvenimenti politici — a partire
dall’elezione di Mattarella al Colle — hanno evidenziato agli
occhi dell’opinione pubblica come Berlusconi sia diventato meno
centrale nelle scelte. È vero,l’indice di gradimento di Berlusconi
negli ultimi tempi non è variato — fluttua sempre intorno al 21% —
ma l’ex premier deve ora fronteggiare un problema di «contenuti»:
i suoi temi glieli ha «scippati» il segretario del Pd — dalla
riforma del mercato del lavoro alla responsabilità civile dei
magistrati — e se poi l’economia dovesse ripartire...
Così
anche il linguaggio berlusconiano — già messo alla prova
dall’evoluzione renziana — rischia di apparire retrò: il leader
di Forza Italia pensa davvero di poter restituire smalto allo slogan
del «ritorno in campo» o di far presa con l’idea di una nuova
«rimonta»? In realtà l’ex premier sa (e dice) che non si
libererà di Renzi, per quanto il capo dei Democrat sia esposto a un
logoramento più veloce rispetto ai leader del passato. Dunque, al
momento, a Berlusconi non resta che l’arrocco in vista delle
Regionali: aggrapparsi all’intesa con la Lega nel Nord, confermare
Caldoro in Campania grazie a un accordo con Alfano, e nel frattempo
tentare di rinsaldare il partito, nonostante la lotta intestina
sembri destinata a proseguire. «E comunque non ci saranno
espulsioni», ha annunciato ieri ai parlamentari che festeggiavano la
sua assoluzione.
Il resto si vedrà dopo il test elettorale di
primavera, lì si capirà cosa cela quel «devo mettere le cose a
posto» pronunciato dal leader di Forza Italia, se non è stata solo
una frase di circostanza. In ogni caso, difficilmente una
ricandidatura nel 2018 — ipotizzata ieri da alcuni giuristi —
potrebbe trasformarsi in una sua nuova corsa per Palazzo Chigi. In
questo finale di partita, infatti, Berlusconi deve fare i conti con
un paradosso: ha bisogno di tempo, ma non ha più molto tempo. E i
sondaggi glielo dicono con il linguaggio crudo dei numeri: lo
scenario è cambiato, nell’immaginario collettivo il salto
generazionale è ormai avvenuto.
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