Corriere della Sera 09/03/15
Massimo Gaggi
«Noi siamo gli schiavi neri che hanno
costruito la Casa Bianca, ma anche i cowboy che hanno aperto la
strada del West o i nippo-americani che hanno combattuto per gli Usa
anche quando (durante la guerra col Giappone, ndr) la libertà era
stata loro negata. Siamo gli immigrati sopravvissuti all’Olocausto,
quelli fuggiti dalla dittatura sovietica, i lost boys del Sudan, la
gente che attraversa il Rio Grande per dare ai figli un futuro
migliore». Non solo l’epopea della lotta contro la segregazione
dei neri: il discorso di Obama a Selma verrà ricordato come uno dei
suoi più potenti ed è piaciuto anche a molti suoi oppositori di
destra perché il presidente ha catturato lo spirito, la vitalità
degli Stati Uniti, ripercorrendo la loro storia. L’eccezionalismo
Usa descritto non in termini di «impero del bene» e superiorità
geopolitica, ma tratteggiando la capacità di un popolo mosaico di
mille diversità di produrre libertà e prosperità. Al terrorismo
islamico che propone modelli di una ferocia arcaica e un mondo senza
libertà, musica, sport, Obama oppone, più che l’America in armi,
quella dai mille colori che ha inventato il jazz e il blues, il
gospel e il rock’n’roll, «coi loro suoni dolci o malinconici e
una sfrenata voglia di libertà».
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