La notizia buona di fine d'anno è che "Europa" rimane on line. Sarà
prodotta e tenuta in rete dal Pd, con una redazione quasi completamente
cambiata. Per chi rimane fuori (compreso l'ex direttore) si sospende
una bella esperienza di dodici anni, con più luci che ombre. E un lavoro
svolto che presto magari tornerà utile.
Anno nuovo, Europa cambia. Per sopravvivere:
cambia molte cose, ma non si spegne e questo era l’obiettivo più
importante alla fine di un 2014 che ci ha visto più volte sull’orlo
della chiusura e che s’è già portato via molte altre testate a
cominciare dai cugini dell’Unità.
È un momento davvero terribile per l’editoria, per i giornali, per
quelli più piccoli e per quelli politici in particolare. La stagione
nella quale siamo nati è finita per sempre, così come il sistema del
finanziamento pubblico (indifendibile e irrecuperabile oggi ma sul
quale, vedrete, prima o poi si tornerà a ragionare). Da oltre due anni Europa
è ininterrottamente in fase di ritirata strategica, tagliando i costi,
abbandonando le edicole, ridimensionando personale e stipendi. Siamo
stati bravini, in questa operazione, visto che nel frattempo abbiamo
conquistato credibilità e lettori sulla rete, con un’edizione online che
è affermata, riconosciuta, apprezzata, e in alcuni giorni arriva a
contare anche 40 mila contatti.
Proprio questo parziale successo ha salvato la vita alla testata che
era finita in liquidazione, visto che il Pd il 16 novembre scorso ha
deciso di rilevarla. Prima e dopo quel momento, dal partito erano venuti
molti accorati riconoscimenti nei nostri confronti: si apprezzava una
storia di dodici anni che, per qualità giornalistica e di analisi
politica, aveva meritato di avere un futuro. Futuro che è scritto e
descritto in progetti editoriali molto interessanti, promettenti,
ambiziosi ancorché sostenibili, che però in questo momento passano in
secondo piano.
Purtroppo negli ultimi 45 giorni non è mutato il dato essenziale che
ci accompagna da tanto tempo, e in particolare da quando – aprile 2014 –
il gruppo dirigente di Renzi ha preso l’impegno di trovare soci
finanziatori non potendo e non volendo accollarsi iniziative editoriali:
altre ricerche sono andate bene, per Europa non è stato trovato ancora nessuno.
Sicché in questa fine d’anno la situazione è che la testata è ormai
di proprietà della Fondazione Eyu, promossa e posseduta dal Pd, che
vuole continuare a tenere Europa digitale in vita ma ha pochissimi soldi per farlo.
Di qui la decisione assunta dal partito: da gennaio 2015 Europa
verrà prodotta presso la sede del Nazareno, a opera di alcuni colleghi
attualmente in forza all’ufficio stampa del Pd integrati da una estrema
minoranza dei redattori che hanno fatto il giornale in questi anni.
Appena possibile, ci si dice, riprenderanno gli sforzi per trovare nuovi
soci e ulteriori risorse. Per ora si salvano le testate ma non coloro
che hanno dato loro valore.
Europa e Donneuropa continueranno dunque a uscire,
in versioni ovviamente riviste e ridotte rispetto alle attuali. E questa
mi pare la cosa più importante, una soddisfazione anche per me
personalmente. La scelta del direttore per la nuova fase spetterà alla
nuova proprietà.
Come risulta chiaro dal quadro della situazione, non sarebbe né utile
né giusto né possibile che io fossi ora della partita. Oltre tutto, la
responsabilità per la sorte dei colleghi di Europa d’ora in poi cassintegrati non è certo solo o principalmente mia, ma è anche mia.
Penso che soprattutto nell’arco del 2014 (“l’anno del Pd di Renzi”)
si sarebbe potuto fare di più e meglio per la sorte del giornale che
tutti, a torto o a ragione, considerano “il giornale del Pd di Renzi”.
Forse anche io avrei dovuto compiere scelte diverse, magari alzando la
voce, pretendendo, chiedendo conto degli impegni ripetutamente,
pubblicamente e privatamente assunti. Ma un po’ per carattere, un po’
per convinzione, un po’ per stile: ci siamo fidati. E visto che Europa continua a vivere, sia pure col sacrificio di chi l’ha fatta per dodici anni, non abbiamo sbagliato del tutto.
La tradizione dello scambio di auguri di fine d’anno è dunque di grande attualità, per noi.
A Europa, a Donneuropa, alle colleghe e ai colleghi
che ci lavoreranno, va tutto l’incoraggiamento e l’affetto: vi
consegnamo un testimone che per tanti lettori è utile e prezioso,
trattatelo bene.
Noialtri che restiamo fuori, quorum ego, accettiamo
volentieri auguri di buona navigazione nel mare tempestoso della crisi
più drammatica che l’editoria abbia mai conosciuto. Ci sono in questa
vicenda persone, famiglie, che dopo aver lavorato bene e molto, per
tanti anni, devono affrontare difficoltà autentiche nella più grande
incertezza nonostante le promesse di riassorbimento ricevute.
Io ho partecipato alla fondazione del giornale (lo disegnammo
insieme, con Andrea Mattone, nell’estate del 2002) e per quasi dieci
anni l’ho diretto. È stata l’esperienza di una vita, dalla quale ho
molto più preso che dato. Ho avuto compagni di lavoro bravissimi, ed è
stato bello e divertente il clima nel quale Europa è stata
pensata e prodotta ogni giorno. La soddisfazione più grande è stata
veder crescere giovani giornalisti e dare un’altra occasione a colleghi
esperti (primo fra tutti Federico Orlando), tutto sempre in allegria:
chi è andato in giornali più importanti, racconta in giro di una
redazione intelligente, simpatica e solidale. È un risultato molto
gratificante per chi quella redazione l’ha diretta, un piccolo grande
onore che mi rende più lieve un momento triste.
Vedremo se, come, quando e dove, tutto questo lavoro svolto tornerà utile. Buon anno.
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