Corriere della Sera 10/12/14
A. Garibaldi
Di solito, a commissariare un partito
locale arriva un dirigente da fuori. Matteo Orfini, inviato da Renzi
a Roma, è romanissimo. Dice che non c’è problema, l’ultimo
incarico a Roma l’ha avuto quando ancora non esisteva il Pd. La
scelta è stata di mandare il presidente del partito a sciogliere il
nodo «Mafia capitale»: «Ci vorrà la ruspa in certi casi, ma
mostreremo la capacità di autorigenerarsi».
Come comincia il
lavoro?
«Telefoniamo agli ottomila tesserati romani, uno per uno,
per scoprire se sono iscritti veri o figli di pacchetti di voti utili
per le primarie. Poi, verifichiamo lo stato di salute degli oltre
cento circoli. Affrontano i problemi del territorio? Discutono? E chi
paga l’affitto? Se paga un parlamentare o un consigliere regionale
c’è il rischio che sia un feudo privato. Avocheremo alla
Federazione romana tutti i contratti d’affitto».
Il partito
romano è diviso in correnti «armate».
«I gruppi dirigenti,
chiusi in correnti, hanno preso in ostaggio il partito. Se pensi allo
scontro di potere interno, ti distrai dai problemi della città e
ritieni che qualsiasi alleanza sia utile a quello scontro. Uccideremo
le correnti non riconoscendole più. Agendo sui meccanismi di
appartenenza, rompendo le filiere che vanno da consigliere municipale
a deputato».
Primarie e preferenze?
«Per le primarie ci
vorranno regole più chiare. Le preferenze in alcune realtà
amministrative, come Roma e Venezia, possono alimentare infiltrazioni
criminali. Meglio i collegi uninominali».
Quanto durerà il
lavoro da commissario?
«A lungo. Segnalo però che nessun altro
partito è intervenuto nella vicenda come noi. Il centrodestra non fa
nulla, nonostante sia il principale protagonista di “Mafia
capitale”. La Lega di Salvini a Roma è rappresentata da ex uomini
chiave di Alemanno».
E alla fine di questo lavoro?
«Eleggeremo
nuovi organi dirigenti. Il partito romano ha due volti: quello
rappresentato nell’inchiesta e quello dei militanti che lavorano
nelle realtà cittadine, degli organizzatori delle Feste dell’Unità.
Dobbiamo restituire il Pd a questi ultimi».
«Mafia capitale»
mostra politici che, anziché occuparsi di trasporti e rifiuti, fanno
affari.
«Dobbiamo uscire dalla “Terra di mezzo”. tornare nel
mondo reale. Per questo andrò con Marino al Laurentino 38».
Il
Pd romano, prima dell’inchiesta, stava accerchiando Marino.
«Le
intercettazioni dimostrano che Marino e la sua giunta costituivano un
argine ai fenomeni messi in luce dai magistrati. C’era un’idea
sbagliata del rapporto fra sindaco e partito. Per esempio, il partito
non deve partecipare a rimpasti di giunta. Il destino del sindaco e
del partito che lo esprime sono invece legati».
La cooperativa
di Buzzi ha finanziato la campagna elettorale di Marino e una cena
romana di Renzi. Saranno restituite quelle somme?
«Non so cosa
verrà deciso. Si tratta di risorse ottenute legalmente da una
cooperativa che era considerata il fiore all’occhiello nel suo
campo. Di certo, si deve regolare meglio la relazione tra partiti e
interessi economici».
Quindi nessuno scioglimento del Consiglio
comunale e nessun ricorso alle urne.
«Lo scioglimento sarebbe una
vittoria per la mafia. È stato deciso che il Prefetto avrà “accesso
agli atti” del Comune e il sindaco Marino ora si sente più
garantito».
Il Partito democratico sembra aver «scoperto»
Marino con l’inchiesta.
«Personalmente non ho votato Marino alle
primarie da sindaco. Dopo ho sempre dichiarato che andava
sostenuto».
Ci si poteva accorgere prima di cosa accadeva a
Roma?
«Bisognava avere la forza per intervenire prima. Ora
dobbiamo prestare attenzione a eventuali situazioni che non
funzionano nel resto d’Italia. Il governo ha appena dato un segnale
fortissimo, varando nuove norme contro la corruzione».
Lei ha
invitato chi sa ad andare in Procura e parlare.
«La magistratura
va aiutata nell’opera che ha intrapreso».
Nessun commento:
Posta un commento