La Repubblica 7 dicembre 2014
CARMELO LOPAPA
Le macerie non fanno in tempo a
depositarsi, che adesso è panico a destra. Il tam tam degli sviluppi
giudiziari, l’ipotesi di nuovi avvisi di garanzia, altri arresti,
lascia col fiato sospeso tutto ciò che si muove da Forza Italia
all’estrema destra romana. Cosa accadrà da qui a qualche giorno in
Campidoglio e alla Pisana, sede del Consiglio regionale? Le urla e le
irruzioni di ieri sera in Assemblea capitolina amplificano il clima
da caccia alle streghe. E soprattutto nessuno sa chi possa essere il
candidato nel caso di elezioni anticipate. Tutto azzerato: dalla
Meloni a Tajani, da Gasparri a Marchini.
Silvio Berlusconi prova a giocare
d’anticipo, non ha la più pallida idea di quale piega prenderà
l’inchiesta di Pignatone, ma gli hanno spiegato che non sarà delle
migliori. L’indagine sta radendo al suolo quel che resta della
coalizione nella Capitale. Tutti si attendono una nuova tempesta in
Regione. E non potendo compensare la mossa di Renzi (il
commissariamento del Pd romano), prova a rilanciare sul piano
mediatico invocando il voto.
«La gente è
indignata, la rabbia contro i politici sta raggiungendo livelli mai
visti, dobbiamo prendere le distanze e cavalcare quella rabbia» è
la strategia spiegata ieri ai dirigenti sentiti da Arcore, tra la
mattinata a Cesano Boscone e il pomeriggio a Milanello. Questa volta
non ha atteso i sondaggi, è bastato scorrere lo “Spazio Azzuro”
di ForzaSilvio.it e commenti come questo: «Roma come Siena, i
politicanti dovrebbero chiederci scusa». E allora «tutti i
consiglieri dovrebbero fare un passo indietro» e consentire lo
scioglimento del Comune, spiega il braccio destro del capo Giovanni
Toti.
Salvo poi spostarsi al Campidoglio e —
tra le urla e i cartelli in Consiglio — scoprire che nessuno dei 13
(su 50) riconducibili all’area Fi-Fratelli d’Italia-Ncd è
disposto a farlo. Il quadro per altro è surreale. I 13 si sono
suddivisi (per ragioni di contributi e benefit?) in 9 gruppi, con la
conseguenza che Pdl, FdI, “Verso la Lega dei popoli per Salvini”,
Cittadini per Roma, Movimento cantiere Italia, gruppo Misto vantano
un unico consigliere, giocoforza capogruppo. Fi invece ne ha tre, Ncd
e gruppo di Alemanno due. Ma se il partito dell’ex sindaco, Fdi, è
colpito a morte, i berlusconiani sono alla deriva. I tre ras del
consenso cittadino ormai fuori gioco. Luca Gramazio, indagato nel
caso Mafia Capitale è l’ormai ex capogruppo forzista in Regione:
ha rassegnato due giorni fa dimissioni «irrevocabili». Stesso
coinvolgimento per Giovanni Quarzo, che lascia la carica di
capogruppo al Comune e quella di presidente della commissione
Trasparenza. Non risulta indagato, ma chiamato in causa nelle
intercettazioni di Salvatore Buzzi, il consigliere-capogruppo Pdl
Giordano Tredicine («Se vinceva Alemanno ce l’avevamo tutti
comprati, Tredicine doveva sta’ assessore ai servizi sociali »).
Dimissioni in massa dal Consiglio? neanche a parlarne. «Non avrebbe
senso perché non porterebbero allo scioglimento del Consiglio, il
pallino è in mano a Renzi, alla maggioranza, al Pd» spiega il
senatore Andrea Augello, ex pdl oggi Ncd con solide radici nel
centrodestra romano. «Il problema — ragiona — è cosa può
succedere adesso: questo la classica inchiesta da accelerazione
improvvisa e se la situazione precipita non reggiamo l’urto
"dell’opinione pubblica». Per tutti i big forzisti lo
spauracchio è il commissariamento. «Ha ragione Berlusconi, si deve
andare al voto» taglia corto un altro senatore romano come Maurizio
Gasparri. Peccato che manchi l’eventuale candidato sindaco. Giorgia
Meloni, fino a ieri la più accreditata, per ora tace, come tutti i
Fratelli d’Italia. Che vivono con angoscia il rischio di aver perso
la «chance per Giorgia». «Il centrodestra vive il momento più
buio della sua storia, se con Fiorito avevamo perso il 3 per cento,
questa storia ci fa perdere il 10» sostiene l’ex ministro Andrea
Ronchi. «O ripartiamo da una squadra di facce pulite, dalla Lega di
Salvini che oggi a Roma avrebbe il 15 per cento ai delusi Ncd, oppure
spariamo. Alfio Marchini ci sta? Lo dica». Ma è una caccia al buio.
Smarrita è anche tutta la fetta di imprenditoria e commercio che
aveva in Fi-An il suo riferimento. «Grande amarezza e
preoccupazione, ma diciamo no a una lenta agonia — spiega Giancarlo
Cremonesi, dal 2010 presidente della Camera di Commercio di Roma e
dell’Acea — La situazione era già drammatica per le imprese, ora
commesse e lavori pubblici rischiano la paralisi, sarebbe la fine. I
consiglieri si dimettano, si cambi pagina».
Toti evoca il passo indietro, ma
nessuno dei consiglieri comunali è disposto a farsi da parte La
paura che tutte le potenziali candidature, dalla Meloni a Tajani,
siano travolte dalle polemiche
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