Sabino Cassese
Corriere della Sera 9 dicembre 2014
Le minacce di scissione sono solo fasi
passeggere o sono indicatori di nuova forma politica?
Le tensioni
interne ai partiti (minacce di scissioni, richiami alla disciplina
interna, invocazione della libertà di coscienza, richieste di
maggiore democrazia) sono solo fatti passeggeri o sono, invece,
indicatori di una fase nuova della storia della «forma partito»? E
quali effetti producono i cambiamenti in corso sull’assetto dei
poteri pubblici?
I nomi dei partiti erano prima scelti per
caratterizzarsi e dividere (comunisti, socialisti, democristiani),
ora sono sempre meno identificativi (chi si dichiara contrario alla
democrazia e alla libertà?). I partiti stanno perdendo la loro base:
gli iscritti si sono dimezzati in mezzo secolo, e continuano a
diminuire, mentre la popolazione è aumentata; si allarga, quindi, la
forbice tra iscritti e votanti. Anche questi ultimi diminuiscono:
segno sia di sfiducia nei partiti, sia del fatto che il sistema
politico italiano si è allineato alle altre democrazie mature. La
capillare distribuzione dei partiti sul territorio non c’è più e
l’organizzazione diviene fluida. La militanza volontaria scompare.
Diventa determinante il ruolo del «leader». Il finanziamento
mediante il tesseramento viene sostituito dal finanziamento con cene
a pagamento e il microfinanziamento dal basso ( crowdfunding ). I
partiti che ricorrono a primarie aperte a non iscritti abbattono le
mura che dividono iscritti e simpatizzanti.
La «liquefazione»
dei partiti li trasforma in aggregazioni elettorali, attive al
momento del voto. Lo stesso séguito elettorale si organizza volta
per volta, con travasi di voti da un partito all’altro. Questo
trasforma la lotta elettorale da guerra di posizione in guerra di
movimento, aumenta l’importanza del «mercato politico», consente
ai partiti di uscire dai loro fortini e di andare oltre il proprio
elettorato tradizionale, ma correndo maggiori rischi. I partiti sono
meno rigidi, meno chiusi. Minacciano meno la democrazia a causa del
loro carattere autocratico ed oligarchico, come temeva Maurice
Duverger nel 1951. Corrispondono sempre meno al modello
costituzionale di una piramide che cresce dal basso (i cittadini si
associano in partiti per concorrere con metodo democratico a
determinare la politica nazionale, secondo l’articolo 49 della
Costituzione).
Antonio Gramsci ha scritto, riferendosi a Machiavelli, che i partiti sono il «moderno Principe», in quanto organismi che guidano i processi politici e in cui si concreta una volontà collettiva. Il «moderno Principe» ha due funzioni, quella di formazione politica della società e quella di scelta della rappresentanza parlamentare. L a destrutturazione in corso dei partiti politici li fa divenire più leggeri, più capaci di conquistare maggiore seguito elettorale, ma ne indebolisce l’azione educativa e la forza selettiva. Dove potrebbe svolgersi la prima, se non esiste più la «scuola» dei partiti, quella distribuita sul territorio, nelle sezioni e nei circoli, nei quali ferveva la vita collettiva del partito - organizzazione? Come possono essere selezionati gli eletti nel Parlamento e nei consigli regionali e comunali, se manca la macchina del reclutamento e della valutazione e si procede per nomina dall’alto?
Questo indebolimento dei partiti come cinghia di trasmissione della domanda politica si riflette sullo Stato e sui poteri locali, dove le esigenze collettive arrivano sfocate e il personale elettivo è impreparato.
Dunque, l’indebolimento della macchina del partito - organizzazione è forse un passo avanti per la democrazia, consente di rompere le fortificazioni erette intorno ad esso e di allargare la base elettorale, avviando la formazione di corpi politici a vocazione maggioritaria, che non debbono far ricorso a coalizioni. Ma produce anche un vuoto di educazione civica e di selezione della classe dirigente, al quale bisogna porre rimedio.
Antonio Gramsci ha scritto, riferendosi a Machiavelli, che i partiti sono il «moderno Principe», in quanto organismi che guidano i processi politici e in cui si concreta una volontà collettiva. Il «moderno Principe» ha due funzioni, quella di formazione politica della società e quella di scelta della rappresentanza parlamentare. L a destrutturazione in corso dei partiti politici li fa divenire più leggeri, più capaci di conquistare maggiore seguito elettorale, ma ne indebolisce l’azione educativa e la forza selettiva. Dove potrebbe svolgersi la prima, se non esiste più la «scuola» dei partiti, quella distribuita sul territorio, nelle sezioni e nei circoli, nei quali ferveva la vita collettiva del partito - organizzazione? Come possono essere selezionati gli eletti nel Parlamento e nei consigli regionali e comunali, se manca la macchina del reclutamento e della valutazione e si procede per nomina dall’alto?
Questo indebolimento dei partiti come cinghia di trasmissione della domanda politica si riflette sullo Stato e sui poteri locali, dove le esigenze collettive arrivano sfocate e il personale elettivo è impreparato.
Dunque, l’indebolimento della macchina del partito - organizzazione è forse un passo avanti per la democrazia, consente di rompere le fortificazioni erette intorno ad esso e di allargare la base elettorale, avviando la formazione di corpi politici a vocazione maggioritaria, che non debbono far ricorso a coalizioni. Ma produce anche un vuoto di educazione civica e di selezione della classe dirigente, al quale bisogna porre rimedio.
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