ENRICO FRANCESCHINI
La Repubblica 4/12/14
Anthony Giddens. “Ho sempre difeso i
più deboli e l’intervento dello Stato” dice il sociologo che
ispirò Blair “Ora ci vogliono riforme e flessibilità per creare
posti di lavoro”
“I valori della
sinistra rimangono gli stessi, ma vanno adeguati a un mondo
trasformato dall’innovazione tecnologica ». Anthony Giddens torna
a parlare della Terza Via, la filosofia politica di cui è stato
l’ideatore, che negli anni ’90 portò la sinistra al potere in
Gran Bretagna e nella maggior parte dei paesi europei. Un’idea a
cui oggi fa riferimento una nuova generazione di riformisti, Renzi in
Italia, il primo ministro Valls in Francia, il nuovo leader
socialista Sanchez in Spagna, ma che ora alcuni criticano come
un’apertura al liberismo. «La Terza Via non è mai stata contro
l’intervento dello Stato, ma davanti a globalizzazione e
rivoluzione di Internet occorre difendere i lavoratori, non il posto
di lavoro in sé, creare nuovi lavori visto che non è possibile
salvare quelli vecchi», replica il grande sociologo inglese,
ex-direttore della London School of Economics e membro della camera
dei Lord, affermando il suo sostegno alle riforme avviate dal leader
del Pd nel nostro paese, in questa intervista concessa a Repubblica
prima di partire per Bruxelles dove ieri sera ha ricevuto il
prestigioso Prix du Livre Européen per il suo ultimo libro, “Potente
e turbolenta: quale futuro per l’Europa?” (pubblicato in Italia
da Il Saggiatore).
E’ ancora buona la Terza Via, Lord
Giddens?
«Intanto viene spesso equivocata.
Nacque come idea ispirata dalla socialdemocrazia scandinava e dai New
Democrats negli Stati Uniti. Ma per me non è mai stata una versione
soft del liberismo. Era la ricerca di una filosofia politica capace
di andare oltre socialismo tradizionale e liberismo, le due
principali ideologie del ventesimo secolo».
Una via di mezzo o una via comunque di
sinistra?
«Un tentativo di continuare a
sostenere i valori della sinistra adattandoli a tempi nuovi. La Terza
Via non ha cambiato i valori fondamentali della sinistra, che restano
l’inclusione sociale, l’aiuto ai più vulnerabili, un certo grado
di eguaglianza. Ma i tempi sono cambiati e bisognava innovare
l’ideologia progressista per fare i conti con la globalizzazione,
termine che credo di essere stato il primo ad usare. All’inizio fu
difficile accettare che il mondo cambiava. Poi Bill Clinton e Tony
Blair compresero il significato di quei cambiamenti».
Cambiamenti che continuano.
«Meglio: accelerano. Il cambiamento è
diventato radicale a causa di Internet, che era appena nella sua
infanzia quando formulammo la Terza Via. L’interdipendenza, chiave
della globalizzazione, ora è ovunque grazie alla rivoluzione
digitale. Stiamo vivendo il mutamento tecnologico più rapido e
universale nella storia dell’umanità. Vent’anni fa nessuno lo
avrebbe immaginato, certo non io».
Come adeguare la filosofia della Terza
Via al mondo di Internet?
«Riformando il mercato del lavoro, che
in molti paesi è un mercato disfunzionale: protegge un piccolo
numero di lavoratori, lasciandone un gran numero, tra cui i più
giovani, senza protezione, concetto sicuramente poco di sinistra».
Ma riformare il mercato del lavoro vuol
dire più flessibilità, libertà di licenziare?
«La flessibilità andrebbe
interpretata, se posso dirlo, in modo più flessibile. Non significa
assumere e licenziare quando si vuole. La Germania, per esempio, ha
approvato una vasta riforma del mercato del lavoro introducendo
elementi di flessibilità, ma l’ha integrata con il coinvolgimento
dei lavoratori nel processo decisionale e una maggiore collaborazione
tra azienda e dipendenti».
E’ l’unico modo di difendere i
lavoratori?
«L’innovazione tecnologica è tale
che entro pochi anni computer e robot faranno il 40 per cento dei
lavori che oggi fanno gli esseri umani. Difendere i lavoratori è
necessario, ma non difendendo a oltranza il posto di lavoro, il
vecchio posto di lavoro, perché questo è destinato a scomparire.
Occorre riqualificare i lavoratori, fare in modo che possano passare
da un lavoro all’altro».
Qualcuno attribuisce alla Terza Via la
colpa di avere aperto le porte al neoliberismo e causato la grande
crisi finanziaria del 2008.
«Blair ha avuto delle responsabilità
in Gran Bretagna, sosteneva che bastava lasciare lavorare il mercato
e non c’era bisogno di un intervento statale sull’economia. Ma
era la sua versione di Terza Via. Nella mia formulazione originale ho
sempre sostenuto che occorre un intervento statale e oggi ciò è
ancora più urgente perché la diseguaglianza è cresciuta a
dismisura, come dimostra l’attenzione suscitata dal libro di Thomas
Piketty. C’è troppo potere nelle mani delle multinazionali, una
delle ragioni della crescita del populismo, perché lo strapotere
delle Big corporation diffonde la percezione di un indebolimento
della democrazia, tenuto conto che nessuno ha votato per dare alle
multinazionali uno smisurato potere».
Cosa altro dovrebbe fare la sinistra?
«Avviare la reindustrializzazione e il
re-shoring, l’opposto dell’off-shoring, cioè riportare a casa
aziende e investimenti, un fenomeno peraltro già visibile negli
Stati Uniti, su cui la Ue deve impegnarsi di più. Poi bisogna
chiudere i paradisi fiscali. Senza un appropriato livello di
tassazione non sarà possibile mantenere un sistema di welfare, e
senza quei capitali nascosti non sarà possibile avere una tassazione
sufficiente».
E l’Italia?
«L’Italia ha un ruolo cruciale per
spingere la Germania ad abbandonare una politica di austerità che
non è negli interessi dell’Europa e in effetti nemmeno della
Germania stessa. Guardo con favore a quello che sta facendo il primo
ministro Renzi per riformare il vostro paese. Che ha bisogno di
profondi cambiamenti strutturali, senza dei quali si ritroverà in
guai sempre più seri».
Cenando con Renzi a Roma, nei giorni
scorsi, Blair ha ripetuto il suo convincimento che per vincere le
elezioni bisogna conquistare il centro dell’elettorato.
«Su questo concordo completamente con
lui. Per vincere devi persuadere a votare per te gente che non
sarebbe propensa a farlo. Non c’è bisogno di una Terza Via per
capirlo».
Nessun commento:
Posta un commento