Corriere della Sera del 21/12/14
Sandro Gozi *
Caro direttore, con il semestre di
Presidenza italiano l’Unione europea ha fatto importanti passi in
avanti. Si è mossa gradualmente, come fa sempre l’Europa, ma in
maniera chiara. Un anno fa, tutto il dibattito europeo ruotava
attorno all’austerità, mentre adesso si lavora finalmente su una
nuova politica di crescita, applicando in modo più intelligente le
regole in tempi di crisi. È poco? Certo, per chi vuole tutto e
subito è poco. Ma chi osserva senza pregiudizi le questioni europee
sa bene che i risultati della nostra Presidenza sono stati molto
positivi, come ci viene riconosciuto dalle stesse istituzioni
dell’Unione.
Politica ambiziosa contro il cambiamento
climatico, politica dell’energia, nuovo approccio all’immigrazione,
di cui l’operazione Tritone è solo il primo passo, lotta contro
l’elusione e l’evasione fiscale, riavvio dei lavori fermi da
tempo sulla governance economica e le istituzioni, revisione della
Strategia Europa 2020 per competitività e occupazione, accordo sugli
Organismi geneticamente modificati (Ogm). Questi sono i nostri
risultati.
Il 13 gennaio il presidente del Consiglio traccerà
un bilancio finale di fronte al Parlamento europeo. Ma già oggi
possiamo sottolineare uno degli effetti più importanti del nostro
semestre: quello che ci ha portati a difendere con successo le
ragioni dello Stato di diritto all’interno dell’Unione.
L’Europa
è nata sulle macerie di Auschwitz e si fonda sul rispetto della
dignità umana, della libertà, della democrazia, e dei diritti
umani: ma non aveva una vera politica dei diritti fondamentali al suo
interno.
Proprio per questo, la credibilità della costruzione
europea è stata spesso minata dall’adozione di un doppio standard
nella difesa dei valori fondamentali della democrazia, dei diritti
umani e delle libertà. L’Europa che passa ai raggi X i requisiti
democratici dei Paesi candidati ad aderire, e insiste sul rispetto
dei diritti umani nel mondo, si gira troppo spesso dall’altra parte
quando questi valori vengono ignorati o messi in pericolo nei suoi
Stati membri. Questa Europa distratta è la stessa che invece insiste
nel regolare in modo ossessivo i parametri finanziari. Una prova di
pericolosa ipocrisia tecnocratica... il miglior modo per favorire
populismi ed estremismi.
Grazie alla nostra proposta, già
approvata, di organizzare almeno una volta all’anno e ogni qual
volta ne emerga la necessità un dibattito in Consiglio su legalità
e diritti fondamentali all’interno dell’Unione, questo duplice
paradosso viene superato. Molti tentativi simili in passato erano
falliti. È un evento storico, poiché rimette al centro il principio
fondante della legittimità democratica dell’Unione.
I padri
fondatori ci hanno trasmesso un lascito che non può essere ridotto
ad un dibattito sullo 0,1% del bilancio mentre magari in uno stato
membro la libertà di informazione soffre o l’antisemitismo torna a
crescere. Il nostro semestre ha avviato un nuovo ciclo, all’insegna
del primato della politica e dei diritti fondamentali. Temi che oggi
la Commissione Juncker considera tra le sue grandi priorità, mentre
il Consiglio si è impegnato a prevenire e correggere pericolose
derive antidemocratiche all’interno dell’Unione.
Nella
storia dell’integrazione europea, una cosa è certa: l’economia è
sempre stata un mezzo per raggiungere risultati politici
fondamentali: pace, solidarietà, democrazia. Una nuova attenzione ai
diritti è la migliore risposta all’appello rivolto all’Europa da
papa Francesco, che da Strasburgo ci ha incoraggiati a ritrovare quel
senso di comunità drammaticamente perso in questi anni di crisi.
*Sottosegretario alla Presidenza del
Consiglio
con delega alle Politiche Europee
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