Corriere della Sera 21/12/14
Monica Guerzoni
«È stata una corsa a
ostacoli».
Ammette che avete fatto una brutta figura,
sottosegretario Graziano Delrio?
«Da sempre la legge di Stabilità
tiene dentro tutta la complessità del governo del Paese. La
discussione alla Camera era stata molto ordinata, per cui non ci
aspettavamo grandi difficoltà al Senato, ma è abbastanza
normale».
Normale? La prima manovra di Renzi ha visto problemi
di coperture, il caos sugli emendamenti e un voto di fiducia alle due
di notte.
«Non mi preoccuperei degli ultimi dettagli, perché la
sostanza è rimasta solida. La struttura principale è la stessa e lo
ritengo un buon segno».
Le norme «mancia» rischiano di finire
nell’ennesimo decreto milleproroghe?
«Ma no, no. C’eravamo
dati la regola di una stabilità con meno peculiarità possibili e
abbiamo cercato di rispettarla. La sostanza è la conferma che è
stata imboccata la strada giusta. Le tasse sul lavoro e per le classi
medio basse continuano a diminuire e questo è un elemento molto
forte. Abbiamo stabilizzato gli 80 euro e completato la deducibilità
dall’Irap del costo del lavoro. C’è la parte di credito su chi
assume a tempo indeterminato e la parte di credito di imposta su chi
assume per investimenti e ricerca».
Basterà a innescare la
ripresa?
«Il supporto alle imprese continua anche con la Sabatini
bis, il cui importo è raddoppiato. C’è poi la fiscalità di
vantaggio per le casse previdenziali e i fondi pensione... Questo
Paese svolta in maniera definitiva dal punto di vista della pressione
fiscale. È il punto chiave, per come le famiglie e le imprese
l’hanno sempre vissuta».
Lunedì ce la farete a evitare la
fiducia alla Camera?
«Spero e penso di sì, ma il Parlamento è
sovrano».
E se l’Europa ci costringe a una manovra
correttiva?
«Il governo voleva altri quattro miliardi per gli
investimenti, che l’Europa ci ha chiesto di impiegare per attenuare
il deficit strutturale. C’è stato questo piccolo problema, ma io
confido che quanto fatto basti».
Non tutti la pensano così,
nella Commissione europea.
«L’Italia ha bisogno di crescita, non
di limitazione agli investimenti. Mi consola che il patto di
Stabilità interno non sarà più limitativo per gli enti locali,
perché lo abbiamo scontato per i Comuni e in più le Regioni avranno
un altro miliardo, annullandone di fatto gli effetti. È una grande
inversione di tendenza, per la possibilità di far ripartire
l’economia sulle opere territoriali».
Se invece Bruxelles
dovesse imporre altre limitazioni?
«Francamente, da Bruxelles ci
aspettiamo meno limitazioni e non limitazioni ulteriori. Come chiesto
dal premier, ci aspettiamo che vengano liberati i cofinanziamenti ai
fondi europei e al piano Juncker e che gli investimenti strategici
decisi con l’Europa siano esclusi. Ci aspettiamo più flessibilità,
non meno».
Sforerete il tetto del 3%?
«A regole attuali,
meriteremmo già la flessibilità che le regole consentono. Abbiamo
ottimi parametri e se si conteggiasse correttamente il Pil
potenziale, che è stato calcolato in maniera molto penalizzante,
l’Italia sarebbe già medaglia d’oro e non osservato speciale.
Noi pensiamo di avere diritto a questa flessibilità già prevista
nelle norme e speriamo che la discussione avviata porti a un buon
esito».
La riforma delle Province non rischia di trasformarsi
in una guerra tra poveri?
«È stata criticata come troppo debole,
mentre le polemiche dimostrano il contrario. Spostare ventimila
dipendenti per rendere più leggero l’ente non era cosa da ridere.
Siamo dentro a un percorso di grandissima trasformazione, ma non sarà
una guerra tra poveri. Dicevano che non avremmo ottenuto risparmi
superiori ai cento milioni l’anno, invece già nel 2015
risparmieremo oltre un miliardo».
Perché Renzi ritiene
cruciale approvare le riforme prima di eleggere il nuovo capo dello
Stato? Vuole essere libero di andare a votare?
«No. Noi ci siamo
assunti la responsabilità di governare fino al 2018, perché per
invertire la tendenza su Fisco e occupazione ci vuole tempo.
L’orizzonte è la legislatura, le riforme si fanno per governare
meglio e non per andare a votare. Finché avremo una maggioranza
parlamentare governeremo, con la massima velocità possibile».
In
Parlamento c’è forte tensione, come pensate di controllare
l’elezione del capo dello Stato?
«Il governo non vuole
controllare il Parlamento, che deve conservare la sua dialettica. Se
e quando Napolitano deciderà di lasciare, come sembra, il tema sarà
affidato a un Parlamento maturato rispetto al 2013 e che troverà le
soluzioni giuste. Sono fiducioso».
Il patto del Nazareno
contempla l’accordo sul Colle?
«È un patto trasparente, non
occulto. Riguarda le riforme e non il Colle. Ma è ovvio che sul capo
dello Stato auspichiamo la larga convergenza di tutti».
Renzi
vuole Padoan?
«Non commento i rumors».
Vendola sfida il Pd a
eleggere Prodi, ma c’è il veto di Berlusconi...
«Vendola guida
un partito e ha tutto il diritto di fare le sue proposte, io sono un
uomo di governo e non commento».
Il regalo che vorrebbe trovare
sotto l’albero?
«Il Paese riparte, sono soddisfatto. Speriamo di
riuscire a farci un regalo anche sulla crisi di Taranto. L’Italia
si sta muovendo. Non chiudiamo gli occhi sulle difficoltà, ma
vediamo anche i segnali di speranza».
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