Corriere della Sera 23/12/14
Virginia Piccolillo
Censura il bicameralismo paritario,
come il «primo passo falso dell’Assemblea costituente». Definisce
un «nodo molto grosso», l’intreccio inedito tra corruzione e
criminalità nell’inchiesta Mafia Capitale. Elogia, scherzoso, la
propria pignoleria. Ma, soprattutto torna a bacchettare i
«comportamenti protagonistici» assunti negli anni da alcuni
pubblici ministeri.
Se addio è stato, quello di Giorgio
Napolitano, ieri, al suo quarto Consiglio superiore della
magistratura presieduto, è stato un addio brillante, lucido e senza
sconti per la magistratura e la politica. «Due mondi — ha detto —
che non devono percepirsi come ostili».
Difficile in tempi di
inchieste come Mafia Capitale. Napolitano parte da lì per spiegare
che se l’intreccio tra mafia e corruzione è una novità e, appare,
pur con le dovute cautele, un «nodo molto grosso», «rimane anche
l’altro lato del triangolo, quello della politica». Che, avverte,
«deve essere ben qualificato» per non ricadere nelle «stucchevoli
discussioni che rimbalzano» tra politica e magistratura.
Pur
riconoscendo il ruolo fondamentale dell’attività repressiva dei
pm, il presidente rimarca che non si può non «segnalare
comportamenti impropriamente protagonistici e iniziative di dubbia
sostenibilità assunti, nel corso degli anni, da alcuni magistrati
della pubblica accusa». E reitera l’invito ad «evitare cedimenti
a esposizioni mediatiche o a tentazioni di missioni improprie».
«L’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario sono
fondamentali», dice, si garantiscono solo con «comportamenti
appropriati».
«Sono principi che ha ricordato molte volte e
nei quali si riconoscono anche diverse cose previste nel nostro
codice etico»,commenta il presidente dell’Anm, Rodolfo Sabelli.
Aggiungendo solo che c’è, però, la «necessità di una sinergia
di magistratura e politica che devono puntare agli stessi obiettivi,
ciascuno nella funzione che gli è propria».
Un accenno
Napolitano lo dedica anche alle «correnti» della magistratura, sia
quelle che dividono i magistrati (attenti che non siano solo «centri
di potere»), che quelle dei partiti. Sono «legittime», spiega, ma
possono anche «degenerare» se perdono di vista «le ragioni ideali
per cui nacquero». Abbandonate quindi «posizioni difensive»,
raccomanda, per «raggiungere convergenze».
Denunciando
l’ipertrofia legislativa, il presidente chiarisce che una riforma
della giustizia serve ma fatta di «provvedimenti normativi, sobri,
essenziali, ben fatti». E accompagnata da investimenti, perché «le
riforme a costo zero sono solo una meravigliosa utopia».
Parole
severe anche per la politica. Negli ultimi anni, denuncia, «la
decretazione d’urgenza, i maxi emendamenti e gli articoli unici
sono cresciuti a dismisura e non siamo più usciti da questa
spirale». E non poteva mancare l’accenno alle riforme
costituzionali. Il presidente richiama alla necessità di abolire il
«bicameralismo paritario». Si cerca, fa notare, di far passare
«surrettiziamente il concetto che il Senato sia una sorta di “Camera
di riflessione”, per correggere gli errori parlamentari
dimenticando che invece l’esame di ogni provvedimento parte a turno
sia dalla Camera che dal Senato a dimostrazione della perfezione
assoluta del bicameralismo».
In mattinata il capo dello Stato
aveva telefonato al marò Salvatore Girone, sottolineando che le
autorità indiane «hanno dato prove negative di sordità».
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