Corriere della Sera 02/12/14
Alessandro Trocino
Fare presto. Matteo Renzi arriva
alla direzione e chiede al Pd un voto sull’«accelerazione» delle
riforme. Non solo, spiega il leader del Pd, non si deve arretrare
sull’Italicum, ma la nuova legge va «calendarizzata il prima
possibile». Una risposta esplicita a Silvio Berlusconi che chiedeva
di eleggere prima il prossimo presidente della Repubblica: «È una
proposta da respingere al mittente. Sarebbe inaccettabile rinviare».
Ma c’è anche una partita interna da combattere. E qui Renzi spiega
alla minoranza che «se rimetti in discussione le riforme, rischi di
azzerarle» e che la legge elettorale «non è rinegoziabile: sarebbe
inimmaginabile riaprire sui punti condivisi». Per questo chiede un
voto per «proseguire senza indugio» nella strada delle riforme. La
direzione dice sì, con due contrari.
Renzi contesta le accuse
della minoranza dopo il voto delle Regionali: «Respingo la tesi che
l’astensionismo in Emilia- Romagna, che mi preoccupa, derivi dalla
disaffezione per il Jobs act. È una lettura superficiale, parziale e
discutibile». Non solo. Il voto in Emilia-Romagna, «è ampiamente
positivo: siamo a metà tra le Regionali dell’altra volta e le
Europee. Conferma che il risultato di queste ultime elezioni non era
una tantum e che il consenso non era legato a una sola persona».
Attenzione, avverte Renzi: «I sondaggi sul Pd vanno benissimo,
casomai cala il consenso su di me. Ma io sono qui per cambiare
l’Italia non i sondaggi». E l’Italia, dice, «la stiamo
rivoltando come un calzino». Il premier si assume il merito delle
difficoltà dei 5 Stelle: «Siamo noi che abbiamo fatto saltare
Grillo. La frattura nasce dal muro del nostro 40,8 per cento». Renzi
invita a «non sottovalutare» la nuova destra europea che punta a
«un’egemonia culturale». Occorre tornare a «offrire un racconto
agli italiani: da una parte la rabbia, dall’altra la
speranza».
Poi ringrazia i parlamentari per «il via libera
alla Camera del Jobs act», sul quale però potrebbe essere messa la
fiducia nel passaggio al Senato. Quella riforma che «è la più a
sinistra mai fatta nel mercato del lavoro». Quello che conta per il
premier ora è accelerare. A cominciare dall’Italicum «2.0», che
«è apprezzato ormai da quasi tutti».
Renzi non rinnega le
cene da 1.000 euro, anche se «qualcuno non è andato a votare a
causa di queste». Ma l’iniziativa è da «rivendicare»: «Dovremmo
essere orgogliosi perché noi non abbiamo mandato in cassa
integrazione i nostri dipendenti, a differenza di Forza Italia e
Lega». Conclusione all’attacco: «Abbiamo cambiato colore a
quattro Regioni, il dibattito congressuale lo faremo, ma nel
2017».
Nel voto finale, Renzi respinge il tentativo di Alfredo
D’Attorre di inserire un inciso che consenta al Parlamento di
«migliorare l’accordo». «Si tratta dell’accordo tra
maggioranza e Forza Italia — replica Renzi — Lo condividiamo o
no? Perché se non lo condividiamo è un problema». La direzione
vota sì, una parte della minoranza non partecipa al voto.
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