Corriere della Sera 20/12/14
Antonella Baccaro
«Quello che avviene all’interno del
governo sono interna corporis , al di là delle facce che fa il
ministro Morando (che non possono essere registrate agli atti
parlamentari) che evidentemente non è un buon giocatore di poker,
per cui non sa nascondere il suo pensiero....». Sono le 18 di sera
quando Linda Lanzillotta, presiedendo un’assemblea di Palazzo
Madama resa incandescente dall’attesa di un giorno del maxi
emendamento del governo, bacchetta Enrico Morando. Il viceministro ha
appena preso la parola per l’ennesima volta per annunciare che il
maxi emendamento ancora non c’è e, per farlo, ha usato
un’espressione (e una faccia) così: «Non sono in grado di
prendere un impegno preciso sui tempi, non ho ancora ricevuto il
testo...». Del resto, la sua promessa di portare in Aula
l’intervento del governo entro le 17 è ormai bella che
saltata.
Ma cosa è successo? Un corto circuito generale che ha
rischiato, come ha profetizzato Renato Brunetta (Forza Italia) per
tutta la giornata di ieri, di portarci dritti all’esercizio
provvisorio. Ricapitolando: 1) la Camera ha stravolto il testo della
manovra in prima lettura prendendosi tutto il tempo per farlo. 2) La
commissione Bilancio del Senato ha iniziato il proprio lavoro con la
spada di Damocle dei tempi stretti necessari per consentire al
governo d’incardinare la legge elettorale, ma non ne ha tenuto
conto, sfornando a propria volta una valanga di emendamenti, alcuni
vere e proprie «mance». 3) Il governo ha fatto la sua parte
producendo un’ottantina di emendamenti, ai quali sono seguiti i
subemendamenti della commissione. 4) L’opposizione, soprattutto il
M5S, vista l’ impasse , ha cominciato a rumoreggiare denunciando il
pressing delle lobby.
A un certo punto è stato chiaro che la
commissione Bilancio non avrebbe potuto completare per tempo l’esame
del testo e il suo lavoro è stato sospeso senza una votazione. In
questo modo l’intervento finale del governo con maxi emendamento
non ha potuto limitarsi a fare proprio il testo della commissione
aggiungendo solo alcune modifiche ma ha dovuto strutturarsi come un
testo completo, corredato della necessaria relazione tecnica. E forse
si sarebbe potuti arrivare a una conclusione nella mattinata di ieri
se Matteo Renzi, di ritorno da Bruxelles, mentre assicurava «io non
voglio sforare» il tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil «perché
voglio rispettare le regole», non avesse deciso di spulciare il
testo della manovra per espungere «le varie leggi marchetta». Molte
di queste erano state segnalate dal M5S al presidente della
commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, con la promessa
che se non fossero state cancellate sarebbe scattato l’ostruzionismo
e la discussione sarebbe andata a Natale.
Conclusione: il maxi
emendamento è arrivato in Aula rivisto e corretto soltanto alle
19.30 mentre l’assemblea ormai ribolliva. Al punto che quando il
ministro Maria Elena Boschi ha preso la parola per porre la questione
di fiducia l’Aula è esplosa in un boato. Il presidente Pietro
Grasso è dovuto intervenire: «La ricreazione è finita» ha detto
con espressione forse non troppo felice, visto che i senatori si
erano tutt’altro che «ricreati» nell’attesa. Ma soprattutto dal
momento che il ritardo ha costretto il Senato a votare a notte fonda:
l’ultimo voto è iniziato alle tre.
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